Quando ritornano gli Zen Circus è sempre un po’ una festa. Ti aspetti tanto, perché il singolo che ha annunciato l’uscita dell’album è una bomba, ma poi non succede nulla, li ritrovi sempre allo stesso punto di prima. Ad essere sinceri Canzoni contro la natura ha qualcosa di nuovo ma forse perché gli Zen Circus sono cambiati e cresciuti rispetto a Nati per subire. Cresciuto è senz’altro Andrea Appino, ritornato dall’esperienza da solista con una Targa Tenco e una dose di freddezza spietata nei confronti di quello che c’è intorno a lui, la cui critica si fa meno ironica e meno nascosta dietro le maschere dell’adolescenza e ancorata al presente, più intenzionata a spezzare che a trovare una soluzione. L’essenza della band non cambia, il ritmo rimane quello classico, pungente come le parole che si sono fatte più cupe, non per una svolta decadente ma perché parlare di oggi necessita, probabilmente questo tipo di linguaggio. Se la musica non si è trasformata rispetto ai precedenti lavori un motivo c’è, ed è opporsi a quella componente naturale dell’uomo a cercare di rinnovarsi continuamente, se il mondo va veloce ed è naturale che si trasformi, allora sarà contro la natura fermarsi e rimanere quello che si è.
Ma gli Zen Circus non se ne sono andati dalla loro provincia, dalle piazze dei vent’anni e dai palchi. Non dimenticano quella componente adolescenziale, in una rincorsa fra quello che era ieri ed è diventato oggi. Viva, singolo di lancio dell’intero album, ne è l’esempio. Manifesto di rabbia e frustrazione davanti a quello che succede nell’Italia di oggi, un grande stadio che, fra offese ed esultanze, ha smarrito la propria ragione di esistere: «Di cosa ridete? Di cosa urlate? (…) Tutti viva qualcosa, sempre viva qualcosa. Evviva l’Italia, viva la fica, viva il duce (…) evviva i tifosi (…) Tanto vivi si muore». Ma se la critica è dura la musica segue il suo corso, che se l’avesse scritta Guccini le parole avrebbe avuto più peso e saremmo ancora qui a discuterne. Gli Zen Circus, invece, preferiscono di gran lunga fare più musica che poesia, perché poi non è più tempo di stare calmi e non è nel loro stile. L’ironia non se n’è ancora andata del tutto e continua a emergere nelle favole operaie e dell’uomo qualunque del non luogo di via Postumia, nella danza quasi balcanica di un Dalì trascinato nel vortice della sua eccentricità o nella ballata di una Sestri Levante ragazzina che diventa luogo di discorsi fra vecchi amici che se ne vogliono andare ma che poi sono sempre rimasti dove li si hanno lasciati: «E così ci ritroviamo io e te ,e così da dove tutto partì e così che te ne andrai». Poi la batteria torna protagonista perché gli Zen Circus in Canzone contro la natura, Vai vai vai!, No way, hanno bisogno del sudore dei loro fan, pezzi essenzialmente da concerto in cui la musica supera il parlato. Un ritorno al cantautorato lo segnano la deandreana L’anarchico e il generale, possibile contro storia de Il pescatore in una versione più movimentata e moderna, e Albero di Tiglio, confessione sofferente di chi, guardando quello che ha creato, non può che restare bloccato: «Ma questa pianta ne vale altrettanti voi credeste che io fossi fatto a vostra immagine e somiglianza perché l’avete letto sui libri che vi siete scritti da soli io non ho mai avuto un figlio come potrei io che sono un tiglio».
Da ogni punto di vista gli Zen Circus proseguono il loro cammino verso un’idea del mescolare i generi a loro più cari, dal cantautorato più classico e profondo al rock da esibizione e che costringe a sudare, senza perdere la qualità del loro lavoro passato. Non c’è dubbio che Canzoni contro la natura sia un album pienamente nello stile della band ma rischia per Appino, Ufo e Karim di essere considerato “l’ennesimo album degli Zen Circus”. Viva è un pezzo eccellente, che ce ne arrivano pochi, ma se contro natura significa essere sempre e soltanto se stessi, anche non prendendosi troppo sul serio, riuscendo a mediare grazie all’ironia la profondità dei temi trattati, è pur vero che dopo un po’ ci si annoia. E se «Vivi si muore», senza cambiamenti ci si arriva, probabilmente, prima.
2014, La Tempesta Dischi