Stasera parte l’Ypsigrock 2013, probabilmente il festival più figo dell’estate italiana. La redazione è in partenza per assistere all’evento e ne ha approfittato per fare due chiacchiere con Gianfranco Raimondo, fondatore e direttore artistico del festival e con Vincenzo Barreca. In fondo trovate la timetables del festival. Ci si vede in Sicilia!
1. In Italia questo festival sta diventando un piccolo faro e punto di riferimento per la musica indipendente internazionale, spesso orientata a realtà come il Primavera Sound e Pitchfork. Come avete realizzato questo sogno? Vi va di raccontarci un po’ la storia del festival?
Negli anni novanta un vezzo dei comuni ancora esistente consisteva nello sperperare milioni di lire per propinare al disgraziato pubblico concerti gratis dai New Trolls a Baccini passando per Umberto Balsamo. Tra questi disgraziati c’eravamo anche noi, e per sottrarci a questo infame destino con Vincenzo Barreca decidemmo di dare spazio alla nuova scena musicale italiana che nel 1997 stava davvero esplodendo. All’inizio fu ben più di una scommessa, abbiamo masticato ciò che di peggio si possa esprimere in termini di pregiudizi, musicali e non. Oggi, credo che sia finalmente prevalso uno dei sentimenti più forti tra le umane cose, la passione per la bellezza.
2. Quanto credete nelle possibilità future di questo festival di ingrandirsi, e fare presa anche all’estero, con un pubblico pronto ad arrivare fino in Sicilia per ammirare la lineup?
È nell’essenza del Festival, molti dei più sinceri apprezzamenti sono proprio degli stranieri e tra quesiti vi sono molti frequentatori di altri decisamente più grandi e blasonati eventi.
3. Indubbiamente il periodo del festival è un’occasione anche per Castelbuono e la Sicilia nel complesso di farsi conoscere, di far muovere delle cose e delle idee. Ma com’è vissuto realmente un festival del genere in un paese così piccolo, e per il resto dell’anno quasi sconosciuto in un certo senso? Avete raccolto simpatia o odio da parte della popolazione autoctona?
Agli esordi tanto odio e per niente amore, ma adesso Ypsigrock è un’enorme risorsa economica e di impegno di vita a tutti livelli. Siamo davvero una grande famiglia e la coppia si ama. Sembra un miracolo, ma è così.
5. Quest’anno il cast raccoglie dei nomi importanti, dai Local Natives ai Metz: ma c’è qualcuno che volevate prendere e che non siete riusciti a portare in Sicilia? Esiste un sogno nel cassetto, qualcuno che vorreste assolutamente portare a suonare lì nelle prossime edizioni?
Di sogni ne avremmo per riempire un parcheggio e tutto ciò che abbiamo vissuto è un sogno pazzesco quindi è più naturale di parlare di rimpianti alla Jeff Buckley, ma quello è enorme per tutti, da spettatore, da ascoltatore insomma qualsiasi cosa tu faccia nel mondo della musica.
6. Quanto c’è di ”moda” nel partecipare all’Ypsigrock oggi in Italia? E come vivete che sia diventato un festival di tendenza?
È un’esperienza fuori dal comune vivere, e questo vale anche per gli stranieri, è un salto nella quiete del passato con tutta la serena aggressione delle nuove tendenze più mille altre sorprese. I più longevi ypsini riconoscono il rito e la tradizione di Ypsigrock. Noi amiamo vivere il Festival come fosse un rito di famiglia, tuttavia se per qualcuno significhi anche moda e tendenza allora diamo il massimo del significato benevolo che quest’approccio può avere.
7. La Sicilia non è Milano, però Milano una cosa del genere in estate non riesce a richiamarla. Energie e sinergie tutte concentrate in uno spazio per pochi giorni. Per il Sud c’è ancora speranza insomma, considerando anche che in nessuna parte d’Italia esiste un fesival così?
Non bisogna sentirsi vittime del proprio destino, sognamo sorprese, non si sa mai che si avverino.