Articolo a cura di Eugenio Maddalena e Valentina Tonutti
Non si parla d’altro da giorni e ormai circola una confusione tremenda riguardo al braccio di ferro che stanno portando avanti le etichette indipendenti contro Youtube e viceversa. Si è parlato di cancellazione di tutti i video musicali che non pagheranno o che non si metteranno in linea con i contratti imposti dal colosso del web (di proprietà di Google); Youtube ha rigettato le accuse asserendo che non è vero; conferme; smentite; caos. Abbiamo provato a raccogliere un po’ di materiale per far luce su cosa diavolo sta succedendo veramente, se ci dobbiamo allarmare o se potremo continuare ad ascoltare Adele, gli Arctic Monkeys o “il gruppo del mio amico” su Youtube.
Tech Oligopoly 2.0: #YouTube to block indie labels who don’t sign up to new music service > http://t.co/4gGmbP4tnv
— The Pirate Org (@PirateOrg) 19 Giugno 2014
Premessa: ciò che si appresta a lanciare Youtube sarà il diretto avversario di Spotify, Deezer, Beats Music e tutti gli altri simili, inclusi i parenti stretti generati da Google come Google Play Music All Access. I rumors che si sono susseguiti nell’ultimo mese con le etichette indipendenti hanno costretto Robert Kyncl – capo esecutivo di YouTube – a lasciar trapelare che la versione premium del servizio consentirà agli utenti che pagheranno la quota mensile di guardare video e ascoltare musica senza pubblicità e su ogni device, anche in modalità “offline”. E fin qui, niente di nuovo visto che Spotify rende la stessa offerta da qualche anno. Ma Spotify non ha i video, ed è su questo che si giocherà l’asso vincente di YouTube. Come spiegò già a suo tempo Billboard, la versione gratuita di YouTube Music Pass darà accesso illimitato e on demand ad un catalogo simile a quelli di Google Inc. via All Access come la versione premium, solo che sarà soggetta agli ads pubblicitari.
Di cosa stiamo parlando?
Martedì scorso YouTube ha confermato le voci, che girano da un po’, riguardo al lancio del loro servizio di streaming proprietario: sarà in competizione con Spotify e servizi simili già esistenti e, considerata la potenza di fuoco, la piattaforma rischia di non passare esattamente inosservata. Anzi.
Il primo punto controverso sembrerebbe la marginalizzazione per le etichette indipendenti sul contratto che queste ultime dovranno sottoscrivere per poter essere inserite all’interno del servizio. Come riporta Steve Knopper su Rolling Stone, “diverse etichette discografiche stanno combattendo contro quello che percepiscono come un imposizione di contratti svantaggiosi che l’azienda [Youtube, ndr] sta proponendo per il servizio, e stanno accusando il gigante del video online di Google di forzare le etichette indipendenti a firmare.”
Il secondo punto, questo davvero cruciale, riguarda il fatto che Youtube avrebbe minacciato di cancellare tutti i video delle etichette che non firmeranno il contratto e le policy imposte per il nuovo servizio streaming. Billy Bragg, in una conferenza stampa la settimana scorsa, ha rivolto parole dure sul comportamento di Youtube: «io non so perché abbiano aperto un vespaio come questo, a parte l’arroganza aziendale. Non credo che si rendono conto della cosa stupida che hanno fatto». Le polemiche forti sarebbero iniziate proprio nel momento in cui si è diffusa la voce che Youtube avrebbe annunciato la cancellazione di massa dei video musicali delle etichette “ribelli”. La questione è abbastanza controversa: Google sulla cosa si è espresso in maniera abbastanza asettica attraverso un comunicato: «l’obiettivo è quello di continuare a fare di YouTube un’esperienza musicale straordinaria, sia come piattaforma globale per i fan e gli artisti sia come fonte di entrate per l’industria musicale. Stiamo aggiungendo funzionalità premium per la musica su YouTube con in mente questo: portare ai nostri partner musicali nuovi flussi di reddito in aggiunta alle centinaia di milioni di dollari che YouTube genera già per loro ogni anno. Siamo entusiasti di come centinaia di etichette, grandi e indipendenti, stiano già collaborando con noi».
Cosa sostengono i critici del contratto di YouTube
Worldwide Independent Network è un’associazione commerciale mondiale che rappresenta le etichette musicali indipendenti e ha guidato la carica contro YouTube in questo mese, sostenendo a più riprese che l’azienda, essendo grande e grossa, attua un comportamento non troppo lontano dal “bullismo” Ecco quello il comunicato stampa iniziale di WIN riportato da il Guardian:
“WIN ha sollevato grandi preoccupazioni per la recente politica di YouTube di proporre alle etichette indipendenti direttamente un contratto modello e, con esso, una minaccia esplicita che il contenuto [delle etichette indipendenti, ndr] sarà bloccato sulla piattaforma, se il contratto non viene firmato.
Secondo i membri del WIN, “i contratti attualmente offerti alle etichette indipendenti da YouTube sono molto sfavorevoli e le condizioni non sono negoziabili: sottovalutano le tariffe esistenti sul mercato dai competitor della musica in streaming come Spotify, Rdio, Deezer e altri“.
Affermazioni che non suonano in modo troppo diverso da quello che disse Thom Yorke a riguardo delle royalties percepite dalle band su Spotify: remunerazioni troppo basse e convenienza solo per chi ha già di per sé una grossa risonanza a discapito di emergenti, indipendenti semi-sconosciuti e a favore di major e star affermate.
Ma quindi cosa c’è scritto davvero in questo contratto?
Billboard è entrato in possesso della prima versione del contratto fornito da Youtube alle etichette indipendenti. Nonostante si tratti di una prima versione, fonti vicine alle case discografiche confermano che le percentuali riportate sono rimase invariate:
“Nel contratto di YouTube possiamo leggere che il suo tasso di servizio premium per la musica (solo audio) raggiunge una revenau del 65,5% per il servizio – 55% per le etichette e il 10% agli editori. Per i video musicali il tasso di revenau si limita al 55% delle entrate, il 45% va alle etichette e il 10% agli editori.
Tali percentuali di pagamento della società sono inferiori alla somma dei ricavi del 70% (circa) che le altre società come Spotify o Rdio pagano alle etichette e ai proprietari dei diritti di edizione, in base all’etichetta e alle fonti di servizi digitali”.
Ma oltre questa disparità di prezzo, ciò che fa davvero andare su tutte le furie le indie labels è una piccola clausola inserita all’interno del contratto:
“Il problema principale con YouTube è l’approccio “prendere o lasciare” della società, che include una clausola non molto soddisfacente. Se una major o un editore importante accetta eventuali tariffe per il servizio di YouTube che sono inferiori rispetto ai tassi stabiliti nel contratto, Google avrà il diritto di ridurre il tasso a tutti, anche alle etichette indipendenti in modo consequenziale.
I “dirigenti Indie” sono furiosi per questa clausola perché dicono che le major possono probabilmente negoziare un regime di pagamento a tre poli o includere un anticipo non sostenibile […] Le indie labels non hanno la capacità di negoziare un terzo polo per il regime di pagamento e sarebbero loro gli unici a rimanere bloccati con un pagamento ridotto e non le major che hanno più forza” (trad. nostra) *
Quali video saranno cancellati e quali no
Youtube ha confermato che alcuni video verranno rimossi dal sito -e non solo da “YouTube Music Pass”- molto presto. I video interessati non saranno soltanto quelli contenenti video musicali ufficiali, bensì anche quelli con live performances o altre registrazioni ufficiali.
Da sottolineare che – nonostante la parentela – Vevo ha da poco dichiarato che qualsiasi pezzo musicale disponibile, seppur escluso dalla falciata di YouTube, rimarrà ancora disponibile. Ciò significa che Vevo – il più grande canale singolo di YouTube – continuerà a supportare all’interno della sua piattaforma i video di numerosi artisti appartenenti ad etichette indipendenti.
«Per intenderci, i video musicali delle etichette indipendenti distribuiti via Vevo su YouTube, non verranno bloccati» ha dichiarato un portavoce di Vevo a TechCrunch.
La strada che dunque viene ad aprirsi ai video musicali delle indie labels che non si sottoporranno al volere del gigante di Silicon valley è duplice: o essere inclusi all’interno del servizio, rendendoli in grado di essere ascoltati e visualizzati ma senza essere monetarizzati tramite gli ads pubblicitari, o essere esclusi dal servizio e in quel caso i video saranno semplicemente rimossi.
Ma perché Youtube non si limita quindi ad inserire i video in questione solamente nella versione free ed escluderli da quella premium? Secondo una fonte citata da Hellen Huet su Forbes, questo non accadrà perché Youtube vuole evitare che i suoi clienti guardino un video free per poi cliccare su un video premium e scoprire che questo non è disponibile solo perché l’etichetta non ha firmato il contratto.
Questo significa che la smentita avvenuta ieri riguardo il blocco dei video non è del tutto vera e anzi, non ha fatto altro che amplificare la confusione già esistente in una situazione dai contorni sfumati. Quindi SI, alcuni video verranno rimossi da Youtube e SI, tra questi potrebbero esserci The xx, Adele, Radiohead, Sigur Ros, SBRTKT, e molti altri tra i vostri beniamini musicali MA questo consisterà soltanto nel 10% di contenuti del servizio streaming.
Quindi, in definitiva, ve ne dovrete fare una ragione.
*Invitiamo i lettori a segnalare eventuali errori o aggiornamenti in modo da tenere questo articolo sempre in attivo e aggiungere ri-negoziazioni che potrebbero avvenire nei prossimi giorni.