È uscito il 3 giugno scorso Islands, il secondo cofanetto sonoro dei Verily So, la band livornese che aveva già conquistato consensi tra pubblico e critica con il loro omonimo esordio Verily So e che torna oggi a distanza di quasi tre anni per V4V Records e W//M.
Islands è un’esperienza sottomarina che ruota intorno agli otto brani di cui è composto e che fin dal primo ascolto si caratterizza per il suo forte impatto emotivo e per le atmosfere rarefatte ed intime. Ai naviganti, che avranno ancora la bocca impastata dal sapore del sale, sembrerà di poter saltare tra le onde e di surfare in mare aperto, lasciandosi trasportare dall’impeto dei flutti senza aver timore. Ciò che rende uniche le risonanze dell’album sono i ritmi che filtrano dalle cavità marine, caratterizzati per la loro lentezza, confezionati sottovuoto e dal conseguente effetto ovattato.
Il risultato è da attribuirsi a Marialaura Specchia, Simone Stefanin, Luca Dalpiaz e al neo aggiunto batterista Antonio Laudazi che, riunitisi dopo un periodo che li ha visti impegnati in progetti personali, tornano più ricchi di intuizioni e capaci di amalgamare influenze differenti. Abbandonato il folk degli inizi, continuano a seguire la corrente new-wave e shoegaze che avevano cominciato a solcare nelle ultime apparizioni live e a tracciare un percorso più diretto, quasi confidenziale con il loro pubblico.
Nel primo singolo estratto, To Behold e in Never Come Back la vitalità dei pezzi scaturisce da quell’amalgama inimitabile di voci maschili e femminili combinate ad un gioco infuocato di chitarra e basso e a quell’inedito isterismo rapace delle percussioni, ma è nelle rimanenti sei canzoni della raccolta che vengono stimolati tutti e cinque i sensi. Un buon album cattura gli ascoltatori soprattutto attraverso le rievocazioni emozionali del proprio passato e impedisce loro di divincolarsi e scappare altrove.
Islands è capace di trasportarli in una dimensione ancor più che uditiva interamente sensoriale, basta alzare il volume di Not at All e seguire le dita che pigiano sempre più velocemente e vorticosamente sul pianoforte per capire quale aria sia possibile respirare all’interno del disco. Mentre il cielo si fa più cupo, illuminato soltanto dai bagliori dei fulmini in lontananza esplode Sudden Death che proprio come un temporale a ciel sereno ha la capacità di cogliere di sorpresa i viandanti in una notte d’estate, quella di Ode to Night che assume le tipiche caratteristiche di una ballata shoegaze.
I Verily So sperimentano, guardano avanti, giocano con i ricordi delle stagioni che furono, ma soprattutto si addentrano senza paura nei varchi ancora aperti dell’animo umano, che diventa a tutti gli effetti il loro quarto strumento, proteso come una corda di violino in attesa che qualcuno lo suoni. Se siete nostalgici, euforici o adirati questo è proprio l’album che vi darà la forza per esserlo ancora di più.