Parlare di un attentato non è mai piacevole. Oltre al fatto che l’argomento è quello che è, bisogna essere attenti alle informazioni che si ricevono, ai condizionamenti mentali, alle esperienze pregresse e ai propri riferimenti culturali. Il problema vero mi pare che siano proprio questi ultimi. Abbiamo uno strano vizio, e mi riferisco in generale all’essere umano, che è quello di giudicare senza conoscere, dare per scontato i fenomeni e i fatti per sacrificarli sull’altare della propria opinione, qualunque essa sia.
Il problema è che i riferimenti culturali sono opinion-leaders, spesso molto male informati, che dissertano di qualunque argomento creando consenso. Tra i tanti insegnamenti che possiamo trarre dalla tragedia dell’undici settembre, uno è quello di “verificare” ciò che diciamo, capire la portata delle nostre affermazioni, scoraggiare qualunque comportamento o diceria di carattere razziale o categorizzante che derivi da una strage.
Riferendomi ancora all’undici settembre, ci furono due fazioni di pensiero contrapposte: la prima fu quella rappresentata dal mondo repubblicano americano, esportato in Italia da una scomposta Oriana Fallaci che si lanciò in un’accorata invettiva anti-musulmani, letterariamente magistrale ma contenutisticamente folle; la seconda rappresentata dal paradigma complottista che si incarnarono in Michael Moore, successivamente Zeitgeist e qualche migliaia di documentari (o video stupidi) su Youtube che avevano la presunzione di provare che l’attacco era stato provocato dagli americani stessi per giustificare la guerra in Iraq.
Ora, sull’attentato di Boston, sta accadendo lo stesso e mi pare che la storia si ripeta. In particolare per quanto riguarda il paradigma repubblicano-Fallaci, Erik Rush sta facendo lo stesso. Erik è un giornalista della Fox News (non nuovo ad esternazioni anti-islamiche) è riuscito ad ottenere una delle sue uscite infelici su Twitter, come segnalato da Right Wings Watch:
Oltre al fatto che esorta gli americani ad uccidere tutti i “demoni” musulmani – che può essere una esternazione risibile (oltre che scandalosa) – il problema è che probabilmente diventerà un referente culturale, un opinion-leader, un opinionista seguito, proprio come lo è stata la Fallaci e come è tutt’ora Bossi o gli intellettuali anti-islamici catto-repubblicani (in Italia anche Magdi Cristiano Allam che si è candidato alle scorse elezioni è un ottimo esempio)
Sul fronte complottista le reazioni non sono certo le migliori: come riportato da Blitz Quotidiano, la prima firma complottista sulla vicenda Boston è quella di Alex Jones, conduttore radiofonico, che ha collegato l’esplosione e l’attentato al calo del prezzo dell’oro (senza dare motivazione alcuna). Inoltre su twitter è nato l’hashtag #falseflag (bandiere false) dove si può ritrovare qualunque tesi complottista su Boston, dai blogger che parlano di “terrorismo ad orologeria”, fino a chi accusa esplicitamente l’amministrazione Obama di avere finalmente un pretesto per attaccare l’Iran.
Tutte queste dimostrazioni di “opinionismo alla cieca”, o di “conclusioni affrettate” servono semplicemente a ricordare che il primo punto di domanda è (e deve sempre essere): quali sono i fatti? A cosa possiamo credere? A teorie meta-complottiste raffazzonate su principi economici (sempre sbagliati, per altro), o alle crociate anti-musulmane che includono anche il nostro vicino di casa saudita che, magari, ci vende la frutta tutti i giorni? A nessuna delle due. L’undici settembre alcuni estremisti hanno dirottato alcuni aerei per colpire gli USA. Alcuni. Ripetiamolo insieme, “alcuni”. Di Boston non si sa ancora nulla. Vi va di ripeterlo? “N-U-L-L-A”. La Corea del Nord non c’entra niente.
Atteniamoci ai fatti e cerchiamo di affidarci al buon senso, prima di condannare intere popolazioni.