Disclaimer: il pezzo che segue non descrive la realtà dei fatti, ma si può annoverare come racconto liberamente ispirato alla realtà.
Il 26 luglio Mick Jagger ha compiuto settant’anni. E i motivi per voler bene a questo arzillo eroinomane sono parecchi.
Senza di lui, la musica avrebbe suonato diversamente. E non avremmo mai saputo che gli album di Gigi D’Alessio fanno cagare. Con i suoi Rolling Stones ha creato una leggenda che sopravvive alla band stessa. Si è drogato il triplo di Lindsay Lohan ed è ancora qui a sottolineare che, oltre alla sostanza, conta anche chi la assume.
Per festeggiare le 70 candeline di Mick, invece di inviargli un paio di confezioni di Ecstasy targate L’Indiependente, ho deciso di dedicare alcuni pezzi degli Stones ai personaggi della settimana.
Let it bleed (1969)
Deve aver pensato fosse il caso di lasciar sanguinare i propri passeggeri Francisco José Garzon Amo, il macchinista spagnolo che il 24 luglio ha spedito il treno di cui era alla guida oltre i binari, nei pressi di Santiago di Compostela. Il risultato sono 78 morti, 140 feriti e un calo del 7% della vendita di santini nella città meta del famoso pellegrinaggio.
Consola sapere che, in Italia, un incidente del genere non sarebbe potuto capitare. Mentre in molte tratte spagnole le frenate di emergenza sono responsabilità unicamente del macchinista, Trenitalia utilizza sistemi in grado di bloccare automaticamente la corsa del mezzo, qualora il conducente non fosse abbastanza sveglio da agire di propria iniziativa.
E’ vero, i nostri treni puzzano di capra boera e sono perennemente in ritardo, tuttavia ci sono meno probabilità di morirci sopra. A meno che tu non voglia utilizzare la toilette di bordo, chiaro.
Brown Sugar (1971)
Lo so, la vulgata dice che questo pezzo fosse dedicato a un tipo di eroina. Mi sembra una spiegazione artificiosa. Molto più verosimilmente Brown Sugar è stata scritta per il nostro ministro dell’integrazione, Cécile Kyenge.
Versi come: “brown sugar how come you taste so good/brown sugar, just like a young girl should” sembrano esserle stati cuciti addosso.
L’oculista più contestata d’Italia, dopo essere stata presa per il culo da Calderoli, ha subito un altro pesante attacco. Durante la festa del PD a Cervia un ignoto, probabilmente legato a Forza Nuova, ha cercato di tirarle addosso delle banane. Ora, a parte la porcata del lancio della frutta, resta da chiedersi quali gravi errori abbia commesso la Kyenge per dover presenziare alla festa del partito a Cervia.
Le banane e l’esilio ravennate non hanno però fatto arretrare di un passo il ministro, che, nonostante abbia un’idea di integrazione così fricchettona da spaventare anche un liceale fan dei Modena City Ramblers, in queste settimane non si è mai fatta intimorire. Risponde con ironia a chi l’ha presa a “bananate”, ripete convintamente quanto è fiera di essere italiana e, alla fine, ha ancora la forza di partecipare a un dibattito con quella lagna della Boldrini. Mick Jagger può essere fiero del suo “zuccherino marrone”.
Anybody seen my baby? (1997)
Sì, Kate, lo abbiamo visto davvero tutti il tuo (royal) baby. E abbiamo anche notato come, nonostante la gravidanza e due anni di matrimonio con Willy, tu rimanga una gran figa.
Forse anche voi della famiglia reale avete qualcosa di Mick Jagger. Anche se, a giudicare da come dovrebbe diventare il piccolo George, i Beliebers sembrano essere la vostra destinazione naturale.
Nel caso in cui Kate e tutti gli altri non si dimostrassero abbastanza vicini allo spirito dei Rolling Stones, dedico questo pezzo ad Angelina Jolie. Il video di Anybody seen my baby? è un misto di kitsch e voglia di scopare saturo della mitologia di fine anni ’90.
A uscire vincitori da questo pezzo non completamente riuscito sono il carisma di Jagger – intatto nonostante le movenze da anziano non rassegnato che caratterizzavano qualsiasi cosa facesse in quel periodo – e Angelina. Per chi ancora nutrisse dubbi su quanto la Jolie sia l’incarnazione dell’erotismo più provocante, un’occhiata a questo video dovrebbe essere sufficiente per redimersi.
E, anche con le tette asportate, se Angelina rigirasse oggi certe scene, continuerebbe ad essere la cosa più seducente sullo schermo. Con buona pace dei balletti psicotici di Mick.
You can’t always get what you want (1969)
Chissà se i Rolling Stones, mentre inanellavano quest’ennesima hit, sapevano che un giorno se ne sarebbe appropriata Rosy Bindi.
E anche Massimo D’Alema, Enrico Letta e tutti quelli che non contano un cazzo, ma nel Partito Democratico fanno il bello e il cattivo tempo. A farne le spese è Matteo Renzi. L’ex enfant terrible di Firenze, ormai diventato politico di professione (ma in realtà lo è sempre stato), continua a farsi sbattere porte in faccia. E a sentirsi ripetere che You can’t always get what you want.
Nonostante i sondaggi lo diano in vantaggio su qualsiasi avversario, in caso di campagna elettorale, e le ripetute promesse degli oligarchi del PD di nuove primarie trasparenti e inclusive, la cruda sintesi è che Renzi le sta prendendo da chiunque.
Sembra proprio che il PD si avvii verso le consultazioni per decidere il nuovo segretario con l’intenzione di far votare solo gli iscritti. Il che vuol dire che né io né voi potremo partecipare. E neanche tutti gli spettatori di Amici.
Inoltre, la prossima primavera, scadrà il mandato di sindaco di Firenze. E per l’inizio della campagna elettorale (gennaio, febbraio o giù di lì), Renzi dovrà decidere se candidarsi ad un nuovo giro come primo cittadino. Se lo fa, poi non potrà scendere in campo alle nazionali per almeno un paio d’anni (salvo clamorose figure di merda). Se invece molla l’osso, rischia di trovarsi senza lavoro. E diventare un politico di professione, per uno come lui che della battaglia alla ka$ta!!1! ha fatto una bandiera, non sarebbe accettabile.
Matteo, sai cosa farebbe Mick, di fronte al reparto geriatria del partito che gli dice “You can’t always get what you want”?. Si farebbe uno o due cartoni, e fonderebbe un’altra band, la sua. Dai, prova ad essere un po’ rock. Il giubbotto in pelle ce l’hai già.
Sympathy for the Devil (1968)
Insieme a Mick Jagger e Al Bano è uno dei pochi settantenni a vantare uno stile di vita che non trovi il suo picco di felicità nel portare il cane a cagare ai parchetti.
Ma, mentre i primi calcano i palchi (di tutto il mondo uno, di San Giovanni Rotondo e comuni limitrofi l’altro), lui punta tutto sul look. In un ostentato total white, Jorge Maria Bergoglio, in arte Francesco, la settimana scorsa ha consumato il suo tour in Brasile. Alcune performance in favela e a Copacabana hanno mandato in estasi i locali.
Please allow me to introduce myself
I’m a man of wealth and taste
I’ve been around for a long, long years
Stole many a man’s soul and faith
Anche qui i Rolling Stones sembrano arrivare per primi e già nel 1968 descrivono, almeno nei caratteri generali, il nuovo Papa.
Certo è che, con dei piccoli show mediatici e discorsi dai contenuti quasi innovativi (per quanto questo aggettivo possa entrare in Vaticano), Bergoglio sta stregando più di qualcuno. Talvolta alcuni si lasciano trasportare dall’entusiasmo, ma poi il Papa se la prende con liberalizzazione delle droghe, e ti ricordi in che squadra gioca.
Mick Jagger è fiero di lui. Il boss vaticano, più di Renzi o del royal baby, è l’unico personaggio che sembra avere la stoffa per raccogliere l’eredità di star del settantenne degli Stones. Chi lo sa, magari tra qualche anno scopriremo che se ascolti le sue prediche al contrario…