Le serate organizzate dal Magnolia, oasi cittadina dove si combatte l’afa a colpi di buona musica, capelli spettinati e gambe al vento, sono tra i pochi validi motivi per sopravvivere all’estate milanese. Per questo martedì 23 luglio, la crew di Kiss This! ha organizzato un Indie Summer Party di tutto rispetto. Protagonisti della serata i TOY, la band londinese che con un solo album all’attivo ha fatto da subito gridare alla next big thing britannica dalle grandi speranze.
Il quintetto capitanato da Tom Dougall si presenta per la seconda volta in un anno dinanzi al pubblico milanese, ma ciò non sembra poter giustificare la scarsa affluenza di una platea costituita in maggioranza da fastidiosissime zanzare.
Strano, perché le premesse per un’accoglienza calorosa ci sarebbero tutte: i TOY sono giovani, inglesi, hanno una buona dose di hype alle spalle – complici anche i The Horrors, estimatori e sponsor della band – un sound psych-oriented che sembra essere il marchio a fuoco del presente musicale (il successo planetario dei Tame Impala ne è la prova più evidente) ed una presenza scenico/estetica che ha poco da invidiare a band più navigate.
Eppure il giocattolo che su disco funziona alla perfezione, dal vivo sembra mancare di qualcosa.
Con un Tom Dougall più imbronciato del solito, i TOY salgono sul palco puntuali come da scaletta, introdotti dai live dei Quincey e Le Case del Futuro.
L’apertura affidata a Colours Running Out, splendida cavalcata sonica e prima traccia del loro debut album, è la bussola che svela fin da subito le coordinate del viaggio sonoro che andrà in scena: paesaggi lisergici disseminati su tappeti di chitarre, Korg Delta, un drumming ad alto voltaggio con la voce sottile di Tom adagiata su stratificazioni dreamy e psichedeliche.
Seguono l’entusiasmante Left Myself Behind che fa muovere le (poche) teste dei presenti al ritmo trasognato della lunga e lisergica coda finale; Motoring che nella versione live enfatizza le proprie radici di matrice seventies
Le canzoni si susseguono senza interruzioni, i TOY sono delle ombre scure disegnate su uno sfondo di luci colorate quando partono le acidità cosmiche di Drifting Deeper capaci di liberare visioni così lontane da dimenticare per qualche istante che c’è qualcuno sul palco a plasmarle per noi. Ed è forse proprio questa bravura nel creare la magia senza svelarne i trucchi, con il distacco tipico di chi sa d’esser bravo e deve dimostrarlo a tutti i costi, a costituire il limite di un live che gira intorno al punto di decollo senza raggiungerlo mai.
Kopter chiude il cerchio di questo viaggio incompiuto, con la sua coda lisergica di schoegaze e psichedelia che riesce a compensare la grande assente della serata, quella Lose My Way probabilmente destinata al bis, speriamo. Ma quando i Toy ritornano sul palco, lo fanno solo per smontare gli strumenti.
Forse, l’anima è un giocattolo.