Ogni tanto dimentichiamo che la musica sia prima di tutto un passatempo, recensori e ascoltatori, nessuno escluso, troppo intenti a crederci i Lester Bangs di turno e a sparare sentenze acidule, incastrati nei generi e in ideologie di cui neppure conosciamo i fondatori. Impariamo piuttosto a prenderci meno sul serio, evitando di lanciare improbabili citazioni a stomaco vuoto o dopo qualche bicchiere di troppo, lasciamoci trascinare da ciò che veramente ci piace, nonostante gli amici dai colletti abbottonati fino al collo non approvino le nostre playlist. D’altronde sono proprio i motivetti che rimangono immediatamente impressi nella testa quelli più difficili da spazzare via, non sempre si tratta di pezzi oggettivamente validi dal punto di vista strumentale o testuale, ma sarà capitato a chiunque di finire nel gorgo della musica pop senza sapere come uscirne e per quale assurda ragione sia capitato proprio a noi. Anche voi, amici dai colletti abbottonati non fate i finti tonti, vi è sicuramente successo.
Per rimanere in tema, il 14 ottobre scorso è uscito per l’etichetta mantovana Foolica, Fuoricampo, una raccolta di dieci brani dalla ricercata e piacevole leggerezza popolare che ha subito conquistato la critica, intasato i social network e occupato personalmente un pezzetto del mio cuore. Non c’è due senza tre: dopo Vol.I e Vecchio, i Thegiornalisti, una tra le band più irriverenti sulla scena romana è tornata non solo sulla scia delle lunghe notti di movida e parapiglia della Capitale, ma portando con sé anche questo nuovo album dalle sonorità synth pop. A distanza di due anni dal precedente, presentano un bel disco di cantautorato in linea con la tradizione italiana del ventennio ’80-’90 che arriva tagliente alle orecchie del pubblico, nudo e crudo, senza finzioni, genuinamente pop. Amori, disillusioni e ricordi sono raccontati attraverso gli ululati e l’ironia di una generazione abituata a rincorrere visioni collettive e ai Thegiornalisti pare assolutamente piacere l’idea di farsi portavoce di questo sentimento che lega tra di loro gli adulti di domani.
Lungo i viali alberati di Torino, in Per lei rispolverano quel lato romantico che echeggiava persistente in Vecchio, affidando a sintetici organetti il compito di far tornare a splendere il sole nel cielo d’ottobre, tra chiaroscuri sotto i portici e scintillii fluviali, mentre a Milano le lancette dell’orologio della stazione corrono rapide nell’attesa fibrillante e catchy di Aspetto che, ma voglio immaginare che sia Roma la vetrina principale a regalare gli scenari per gli otto restanti brani. Dalla libidine erotica di Promiscuità con il suo caldo ed affannato respiro alle fragilità del sesso forte di Proteggi questo tuo ragazzo fino ai luoghi comuni di Mare Balotelli e alle bollette da pagare di Insonnia, Fuoricampo è un disco che mescola voci e storie autobiografiche differenti.
Non c’è solo la preziosa lezione di Lucio Dalla, di cui i Thegiornalisti sono tra gli allievi più ossequiosi e meritevoli fin dagli esordi, ma vi è anche traccia, come ad esempio in Balla, di un certo retrogusto glam rock tipico degli electric eighties connesso ad Alberto Camerini o al più recente Bugo, per non parlare di quel ruvido e passionale timbro che ha caratterizzato l’intera discografia di Rino Gaetano e che appare in tutta la sua bellezza in Fine dell’estate, il brano chiave della raccolta, da cantare e ricantare lasciandosi accarezzare da quell’agrodolce profumo di salsedine sui vestiti. Nostalgia canaglia, Fuoricampo risente delle atmosfere sonore della commedia all’italiana degli anni ’80 e sembra sia stato scritto proprio per quei ritrovi nei soliti bar gestiti da uomini senza età intenti a rabboccare il bicchiere di concentrati alcolici. Una delle più belle (ed inaspettate) sorprese dell’anno per chi ha voglia di slacciarsi qualche bottoncino del colletto.