Se nell’anno corrente 2013 improvvisamente il mondo fosse spazzato via da una tempesta nucleare, “The Terror” ne sarebbe la perfetta colonna sonora. Ci si ritroverebbe rannicchiati a terra, un po’ come l’uomo sulla copertina, a guardare un orizzonte completamente rinnovato, a sentirsi l’ultimo superstite di qualcosa che ha inghiottito la Terra e, con essa, tutta la sua specie.
Diciamoci la verità, i Flaming Lips sono sempre stati un po’ degli alieni, o meglio dei terrestri che da oltre vent’anni riescono a tenere i piedi in due scarpe, una sul pianeta Terra e l’altra in un luogo indefinito dove il tempo si ferma, la realtà non esiste, ma vive solo la loro musica: gonfia, immaginifica, ammaliatrice: a metà strada tra il calarsi un acido e il risvegliarsi. Non hanno mai fatto due dischi uguali uno dietro l’altro i Lips, e naturalmente nemmeno questa volta potevano smentirsi. Nel mare magnum della loro discografia, fatta di trovate bizzarre, più o meno commerciali: dai teschi gommosi che si mangiano agli innumerevoli EP che si susseguono, passando per i brani dalla durata record di sei o ventiquattr’ore, “The Terror” si colloca come il successore di “Embryonic”, ultimo vero e proprio album della band dell’Oklahoma. Dischi del genere sono difficili da eguagliare per quanto siano densi di sostanza, di suoni che inevitabilmente, dal 2009 ad oggi, hanno finito per influenzare qualunque sfumatura del genere alternative.
E infatti Wayne Coyne e soci, che sanno il fatto loro, tornano con un disco totalmente diverso dal precedente: i colori si fanno meno violenti, le melodie più flebili, le atmosfere più introspettive. Il nuovo album dei Flaming Lips è un viaggio nell’inconscio, in mezzo ai fantasmi che lo affollano. Nove canzoni profonde ed essenziali, da ascoltare ad occhi chiusi, come se il mondo stesse finendo da un momento all’altro, cedendo alla tentazione apocalittica, guardandosi ancora intorno per accertarsi di essere ancora con i piedi posati sul pavimento. È un album di grandi suggestioni sonore. L’alba, evocata nel primo brano, acceca l’ascoltatore con la sua tensione luminosa: Look…the sun is rising è forse l’unico brano che resta ancora ancorato al percorso lanciato dal lavoro precedente, Be Free, A Way sposta l’attenzione verso territori più algidi, i piedi iniziano a staccarsi da terra, il corpo inizia a levitare, pronto per il suo viaggio ultraterreno, con Try To Explain si è praticamente in orbita, si canta la sua melodia celestiale mentre si ondeggia cullato dalle sinusoidi elettroniche che accompagnano il pezzo. You Lust è una trance psichedelica di 13 minuti, incessante e malinconica, un mantra che ti cattura nelle sue trame ad ogni nuovo ascolto, fino ad esplodere nella defragrazione finale, che lascia spazio a una spazzata cullante di synth. La title-track restituisce un formato canzone vagamente più tradizionale, mentre i Flaming Lips insegnano alle band di tutto il mondo come si usano le voci, flirtando con arrangiamenti quasi drone. You Are Alone segna l’inizio della discesa dal viaggio interstellare, il cambio di rotta, mentre si sta ancora fluttuando alla ricerca del nulla. La seconda parte del disco, assai più ostica della precedente, vede le elettroniche prendere il sopravvento, fino al riapprodo sul pianeta Terra, come una farfalla che cade morta sul pavimento dopo l’agonia della morte.
“The Terror” è un album malinconico e bellissimo, un tenero oblio che difficilmente riuscirete ad evitare e che, una volta assaggiato, difficilmente vi concederà pace. Vi scaverà dentro piuttosto, tirando fuori, come fa l’arte della maieutica, tutte le inquietudini e i mostri che, inevitabilmente, vi portate dentro.
Bella Union, 2013