Ieri, 18 aprile 2013, Storm Thorgerson è morto. Sì avete capito bene cari Pinkfloydiani (e non), il cancro ce lo ha portato via una volta per tutte. Nato nel 1944 a Potters Bar, Middlesex (oggi Hertfordshire), Thorgerson, di discendenza norvegese, aveva trascorso l’infanzia e l’adolescenza a Cambridge, frequentando lo stesso liceo di Syd Barrett e Roger Waters prima di studiare letteratura e filosofia all’Università di Leicester e iscriversi poi a un corso di laurea in cinematografia e televisione al Royal College of Art di Londra. Lì conobbe Aubrey “Poe” Powell, con cui nel 1968 diede vita a Hipgnosis (inizialmente conosciuta come Consciousness Incorporated). Quando iniziarono, Powell e Thorgerson presero il proprio nome da un “graffito” che avevano trovato sulla porta del loro appartamento. La parola piacque loro non soltanto per l’affinità sonora con “ipnosi”, ma anche per la combinazione di due termini contradditori, “hip” (nuovo e trendy), e “gnosis” (termine relativo ad una antica forma di consapevolezza). L’approccio di Hipgnosis al design degli album era fortemente orientato alla fotografia, e furono pionieri nell’uso di molte tecniche innovative dal punto di vista visuale e del packaging. In particolare, le surreali ed elaborate manipolazioni fotografiche di Thorgerson e Powell (che comprendevano tecniche da camera oscura, ritocco con l’aerografo e collage) furono anticipatrici di ciò che, molto tempo dopo, sarebbe stato definito “photoshopping”.
-“I prefer the computer in my head to the one on my desk.” (alcune parole di Thorgerson riguardo l’avvento di Adobe)
Hipgnosis utilizzava prevalentemente apparecchi Hasselblad di medio formato per il proprio lavoro, dal momento che la pellicola quadrata è particolarmente adatta alla produzione di immagini destinate alle copertine degli album. Un altro tratto distintivo di Hypgnosis consiste nel fatto che molte delle loro immagini di copertina raccontano “storie” direttamente correlate ai testi contenuti nell’album. Dal momento che sia Powell che Thorgerson erano studenti di cinema, utilizzarono spesso i modelli come “attori” e impostarono le fotografie in maniera spiccatamente teatrale.
-“I listen to the music, read the lyrics, speak to the musicians as much as possible. I see myself as a kind of translator, translating an audio event – the music – into a visual event – the cover. I like to explore ambiguity and contradiction, to be upsetting but gently so. I use real elements in unreal ways.”
Le copertine di Hypgnosis raramente presentano immagini degli artisti al loro esterno, e per la maggior parte sono in un formato pieghevole che fornisce ampio spazio per le loro sofisticate composizioni. Molte copertine di Hypgnosis presentano inoltre loghi ed illustrazioni in stile tipicamente “high tech” (spesso ad opera del grafico George Hardie), adesivi, fantasiose copertine interne, ed altre chicche in termini di packaging. Da sottolineare il fatto che Hipgnosis non aveva un listino di tariffe per la creazione di una copertina per album, bensì chiedeva agli artisti di “pagare quanto pensavano valesse”, una politica che soltanto occasionalmente si rivelò autolesionistica secondo Thorgerson nel suo libro sul design di copertine per album musicali. Il loro esordio in campo discografico avvenne con “A saucerful of secrets”, prima di una lunga serie di opere realizzate per conto dei Pink Floyd e passate alla storia: tra queste la casa di “Ummagumma”, la mucca di “Atom heart mother”, il prisma di “The dark side of the moon”, l’uomo in fiamme di “Wish you were here”. Vantano una sua collaborazione artisti come: Led Zeppelin, Genesis, UFO, Peter Gabriel, Emerson Lake and Palmer, The Alan Parsons Project, Muse, Paul McCartney, Biffy Clyro, Audioslave, e Cranberries (queste sono solo alcune delle band che ora ci vengono in mente).
Così lo ricordano amici e parenti poche ore dopo l’accaduto:
-“Il trapasso è avvenuto in pace, circondato da amici e familiari” (il management per conto della famiglia)
-“Rattristati dalla notizia della morte del genio grafico, amico e collaboratore Storm Thorgerson. I nostri pensieri vanno alla sua famiglia e ai suoi molti amici” (ufficio stampa dei Pink Floyd)
-“Ci siamo incontrati la prima volta quando avevamo poco più di dieci anni. Ci radunavamo a Sheep’s Green, uno posto vicino al fiume a Cambridge, e Storm era sempre lì a tener banco, il più rumoroso di tutti, scoppiettante di idee e di entusiasmo. Da allora niente era veramente cambiato. È stato una forza costante nella mia vita, sia nel lavoro che in privato, una spalla su cui piangere e un grande amico. Le opere d’arte che ha creato per i Pink Floyd a partire dal 1968 sono state una parte inseparabile del nostro lavoro. Mi mancherà”. (David Gilmour)