2 Settembre 2012
A Perfect Day Festival, Villafranca di Verona
Evidentemente anche nel più alto dei cieli ascoltano i Sigur Rós. Il terzo giorno dell’ A Perfect Day Festival, infatti, inizia e si chiude senza la benché minima traccia di quella pioggia che tanto aveva martoriato le due giornate precedenti. Per questo motivo la folla che alle cinque di pomeriggio si affastella di fronte all’ingresso del Castello Scaligero è decisamente imponente, ma considerato il sold out raggiunto dall’evento nessuno si aspettava niente di meno. Superati i controlli, e giunti all’interno della cinta muraria, la prima cosa che si nota è che sì, la pioggia non c’è, ma il fango e il profumo d’erba marcita che già avevo avuto modo di sperimentare la sera precedente coi Franz Ferdinand abbondano ancora generosamente. Dall’alto dei miei grezzi anfibi osservo le piroette di giovani indie intenti a salvarsi le scarpe di tela evitando le zone più paludose e, soddisfatto, mi aggiro nel pantano con la sicurezza di una portaerei. I giovani Alt-J, di Cambridge, hanno già iniziato a suonare e, seppur impegnato in altre attività, non posso fare a meno di notare la discreta eleganza del loro indie pop. Avevo ascoltato An Awesome Wave molto distrattamente ed ero curioso di vedere come se la cavavano dal vivo; nonostante il momento palesemente infelice hanno portato a termine il loro set con padronanza e hanno degnamente accompagnato l’arrivo della maggior parte dei presenti.
Più tardi, verso le sette, è il turno dei belgi Deus, reduci dell’uscita del loro ultimo disco Following Sea. Sul palco l’ormai ventennio di attività si fa sentire: il frontman, Tom Barman, si muove con destrezza e sfacciataggine, interagendo con il pubblico attraverso qualche parola italiana sporcata di lingua franca. La loro esibizione è molto equilibrata e ci sono proposti in alternanza sia vecchi successi che nuove uscite. Particolarmente apprezzabili Roses e la stupenda chiusura con Suds and Soda, brano che sentivo per la prima volta e che mi ha parecchio coinvolto. Segue una pausa in cui molti si spostano verso i punti di ristoro ed io ne approfitto per farmi un giro. Scopro così che molta gente ha deciso di godersi il concerto da una certa distanza, sacrificando la visuale a favore di una posizione più comoda. L’affluenza è numerosissima e, sebbene non abbia dati alla mano, posso supporre senza problemi che siano state ampiamente superate le 8000 presenze dei The Killers.
Mentre torno al mio posto nei pressi (ma non troppo) del palco inizia l’esibizione di Mark Lanegan, artista su cui ammetto di essere deplorevolmente ignorante e che mi era stato presentato come una delle migliori voci del rock degli ultimi trent’anni. Le mie aspettative erano dunque molto alte e vengono soddisfatte solo in parte. La voce di Lanegan è splendida, profonda ed espressiva, ma purtroppo spesso e volentieri viene coperta da una strumentazione dirompente che la lascia quasi in secondo piano. A parte ciò il concerto si svolge in un’atmosfera sacrale e seriosa, con solo un paio di parole di ringraziamento da parte del tenebroso protagonista del momento, che ha passato il set a snocciolare una dietro l’altra le opere della sua carriera, dileguandosi infine come un miraggio al termine della scaletta e creando subito un evidente contrasto col brio della precedente band di Anversa.
Dopo Lanegan il pubblico si comprime verso il palco ed io devo scontrarmi con l’immancabile uomo-grasso-dei-concerti, quel tizio enorme che all’ultimo momento ti si infila chissà come davanti e ti costringe a retrocedere facendo valere la sua mole. Punto nell’orgoglio pianto i piedi per terra (azione abbastanza semplice considerata la consistenza del campo) e non cedo nemmeno un centimetro del terreno faticosamente guadagnato, ingaggiando una silenziosa battaglia con l’invasore. La mia caparbietà alla fine vince e finalmente riesco di nuovo a respirare ed ottengo una buona visuale. Nel frattempo sul palco c’è la rivoluzione, vengono montati proiettori, luci, strumenti, fari e l’attesa per il gruppo headliner si fa sempre più palpabile e pressante.
Alle dieci abbondanti finalmente salgono sul palco i Sigur Rós, nella versione live allargata da archi e fiati. Da quel momento in poi il tempo si è fermato per lasciare spazio al quartetto islandese. I nostri hanno predisposto una scaletta del tutto slegata da Valtari, il loro disco di questo 2012; solo due brani, Ekki Múkk e una Varúð stupenda nel suo crescendo orchestrale, fanno parte della loro ultima fatica mentre i restanti sono tutti i loro più grandi successi, ripresi in particolar modo da Takk e Ágætis Byrjun. Su alcuni teli di sfondo vengono proiettati filmati legati alle singole tracce e il tutto si svolge in un’atmosfera elaboratissima nel suo insieme di luci multicolori e scelte coreografiche. Il pubblico accoglie calorosamente tutti i capolavori più conosciuti, ed in particolar modo Sæglópur, Hoppipolla, Olsen Olsen e Festival, senza dubbio il miglior brano di Með suð í eyrum við spilum end. Un Jonsi in ottima forma ringrazie ripetutamente i presenti e, visibilmente compiaciuto, distrugge un archetto dopo l’altro nella sua estasi artistica. La musica che promana dagli strumenti riesce persino a spegnere la mia rabbia verso le decine di schermi di smartphone che ostruiscono la visione diretta del palco per registrare filmini di pessima qualità dell’evento reale che si sta consumando in quell’istante. Il concerto dura quasi due ore e il gruppo di Reykjavík mette in campo tutta la sua abilità e concentrazione per la gioia di una platea estremamente recettiva. Alla fine, dopo i saluti di rito, l’incanto ha fine e rimangono un piacevole eco in mente ed una interminabile fila all’uscita del castello. Se esiste una musica in grado di rendere migliori le persone è senza dubbio quella suonata dai Sigur Rós, fatta di melodie intense ed oniriche in grado di incantare un pubblico di tutte le età, come ha testimoniato la varietà anagrafica dei presenti. Si conclude dunque in gloria questa prima edizione dell’A Perfect Day Festival, nonostante alcune esecrabili carenze organizzative a livello di trasporti e collegamenti. I quattro islandesi dal vivo mantengono tutte le promesse delle loro versioni in studio e certamente questo concerto sarà un esperienza che rimarrà impressa a lungo nella memoria dei presenti.
Setlist
- I Gær
- Vaka
- Ný Batterí
- Svefn-g-englar
- Sæglópur
- Viðrar Vel Til Loftárása
- Hoppípolla
- Með Blóðnasir
- Olsen Olsen
- Festival
- Varúð
- Hafsól
Encore
- Ekki Múkk
- Popplagið