Quando il grande cinema incontra grandi uomini, il capolavoro è dietro l’angolo. Grandi interpreti del genere come Lloyd Kaufman o i creatori di “Mega Shark vs. Crocosaurus” non avrebbero saputo fare di meglio. Il kolossal d’eccellenza è di recente apparso a puntate sul piccolo schermo con un titolo che richiama, come tutto il film d’altronde si propone di fare, la pluripremiata opera di Spielberg e come quest’ultimo è destinato a rimanere nella memoria. Chiave di volta dell’intero lungometraggio è la grande interpretazione di Stefano Fassina, che fa del suo personaggio un tutt’uno con il suo io e riesce a compiere uno sforzo tale da rendere difficoltoso persino per lo spettatore più acuto distinguerne i due contorni.
La trama di Salvate il soldato Fassina, rispetto all’originale, punta tutto il focus sul drammatico percorso del soldato. Il giovane Fassina viene chiamato alle armi, in difesa del paese di LargheIntese, per combattere la Grande Guerra Mediatica che minaccia i confini della sua patria. Colto di sopresa come i francesi quando si son visti aggirare la linea Maginot, il D-day per il povero soldato Fassina è stato tanto inaspettato quanto d’effetto quando le truppe di Report hanno scagliato il primo attacco. Le spietate truppe nemiche incalzano con l’attacco e riescono a far cedere per un attimo l’indomito soldato che sembra per giunta non sapere o addirittura rivelare accordi politici sapientemente negati in precedenza dal suo superiore in comando, ma con un colpo di reni il soldato si svincola dalla battaglia e fugge. Attimi di puro realismo. La mirabolante fuga a bordo di un treno quanto mai provvidenziale, resa ancor più drammatica dalle raffiche di tweet che contornano il momento, si rivela poi essere, invece, uno spostamento tattico su quel che sarà il nuovo campo di battaglia.
“Più apro bocca e più mi sento lontano da casa”– soldato Fassina in un momento melanconico/drammatico
Come il valoroso Ryan aveva il compito di proteggere un ponte di fondamentale importanza così al soldato Fassina, a questo punto del film, spetta proteggere il suo punto strategico: la legge di stabilità. La situazione dunque cambia, ci ritroviamo immersi per ben due volte in scenari da guerriglia urbana realizzati con la massima cura per i dettagli. Il primo luogo del nuovo scontro è Piazza Pulita dove il protagonista, armato di nuovo vigore, si ritrova completamente solo ad affrontare il fuoco incrociato di due corazzati nemici, Friedman e Gomez, che in poco tempo tentano di accerchiare Fassina su più fronti. I varchi rimasti son stretti, le ferite diventano evidenti ma tuttavia qui si scorge, quasi palpabile, tutto lo stoicismo del soldato che, invece di scavarsi la fossa come farebbe un nemico catturato, a carponi si allontana e dirige il suo corpo stanco verso nuove glorie e nuovi successi. Un po’ ripetitivo il cambio di scena incorniciato ancora una volta da furiose raffiche di tweet.
Il successivo ed ultimo atto di guerriglia si svolge a Servizio Pubblico, luogo epico e di storiche sanguinose battaglie, dove il soldato Fassina sa che per uscirne vivo e vincitore dovrà sfoderare tutto quello che non ha osato fin ora, un’arma tanto pericolosa quanto letale: qualcosa di sinistra. In principio sembra svolgersi tutto per il meglio e la fortuna baciarlo, tanto che il soldato Fassina incontra lungo il suo efferato cammino persino un compagno d’armi che porta il nome di Bagnai. Ma ecco che un climax di tensione avvolge lo spettatore quando i ranghi nemici si ispessiscono grazie alla presenza di un plotone di giovani compatrioti studianti all’estero . I nemici si studiano fin troppo poco che subito i ragazzi partono all’attacco, serrati, dandosi il cambio l’un l’altro in modo da mozzare il respiro e qualsiasi tentativo di replica. L’aria è densa di una profonda tensione che raggiunge il suo apice quando, in un disperato accenno di risposta al fuoco senza vigore e che al massimo ricalca le forme di un cessate il fuoco, il nostro protagonista comprende di essere rimasto solo ed in balia degli eventi quando scorge il suo unico alleato scuotere il capo. Questa scelta segnerà le sorti del conflitto che volgerà per il peggio. Il soldato Fassina termina così lo scontro completamente solo, con profonde ferite ed un animo gravato dal peso delle battaglie e dal ricordo dei suoi fratelli di governo persi lungo il cammino – Idem e Biancofiore sono ormai andate e la Cancellieri non si sente molto bene. Il finale offre un interessante quanto inatteso colpo di scena quando un misterioso Capitano Miller di turno, agendo nell’ombra, porta in salvo il martoriato soldato destinato altrimenti a capitolare e lo affida alle amorevoli cure di LargheIntese, la sua casa natìa, dove finalmente potrà recuperare le forze e ritornare in auge serenamente protetto da spesse mura. Un risvolto positivo si deduce facilmente da fotogrammi inseriti nei titoli di coda dove si scorge nitidamente il soldato Fassina pienamente tornato in forze che rimpolpa il suo spirito con frasi che ricordano la sinistra.
Punto debole del remake, che vuole ripercorre troppo da vicino le impronte lasciate dall’originale, è la sceneggiatura. Lo spettatore si ritrova ad assistere in alcune occasioni ad una sceneggiatura che manca di mordente, scialba, la quale perde particolarmente sulla verosimilità della storia – difficile immaginare un membro del governo che rimane all’oscuro delle operazioni del suo stesso governo o che persino rivela informazioni riservate senza alcuna conseguenza o che il PD si boicotti dall’interno ancora una volta- e sulla scarsa caratterizzazione del personaggio – chi è Fassina? com’è arrivato fin lì? ce l’hanno mandato? cosa pensa mentre viene colpito?-. Tutto sommato la pellicola rimane un prodotto di qualità che merita di essere visto e che sicuramente occuperà un posto in prima fila in tutti i BlockBuster d’Italia.