In Italia si sa, i film escono sempre anni luce in ritardo rispetto al resto d’Europa e agli Stati Uniti, ma prima o poi approdano anche da noi. Si sta svolgendo in questi giorni il Torino Film Festival, una di quelle belle rassegne cinematografiche che permettono non solo alla stampa di visionare quelle che saranno le nuove uscite, ma anche al grande pubblico. Gli spettatori del Tff muniti di biglietto almeno dal giorno prima e di tanta pazienza ricercano il film perfetto, quello da godersi con gli amici, cercando di evitare qualsiasi tipo di documentario, il drammatico iraniano o lo splatter sugli zombie. La scelta non può che essere mirata alla commedia, non di quelle all’italiana con De Sica per intenderci, ma con uno humour più raffinato. Quello che ci vuole è “Ruby Sparks”, il secondo lungometraggio della pluripremiata coppia Jonathan Dayton e Valerie Faris ben noti per aver dato vita ad uno dei film di culto degli ultimi dieci anni, Little Miss Sunshine.
Il protagonista, Calvin è un giovane scrittore che dopo un primo ed unico successo strabiliante soffre della cosiddetta “sindrome da secondo album” e conduce una vita apparentemente vuota, imperniata soltanto intorno al suo cane Scotty (come il grande Fitzgerald), alle sedute di palestra con il fratello e a quelle dallo strizzacervelli. La svolta lavorativa avviene quando Calvin sogna Ruby, sulla carta la ragazza ideale, che gli riporta l’ispirazione, spingendolo a tornare a battere le dita sui tasti della sua macchina da scrivere (sì, è uno scrittore demodè, e poi fa tremendamente radical chic!), ma una mattina al suo risveglio Calvin trova Ruby nella sua cucina a sbattere uova per la colazione. All’inizio pensa di essere uscito fuori di testa improvvisamente, ma poi capisce che il suo personaggio non è solo frutto della sua immaginazione, perchè anche gli altri possono vederla e toccarla. Dopo un primo momento di smarrimento, comincia una relazione con Ruby che ricambia a sua volta amandolo. Si ritrovano a fare tutto ciò che due fidanzati normali farebbero, vivono insieme e lei conosce la famiglia di lui, ma ad un certo punto qualcosa si incrina, può capitare anche agli amori perfetti. A questo punto Calvin si ributta in un mondo artificiale, che sa di poter gestire a proprio piacimento e torna il ragazzo insicuro che era in principio. Realtà e finzione si scontrano nel protagonista, interpretato da Paul Dano, che in Little Miss Sunshine era Dwayne, il ragazzino muto.
La sceneggiatura scritta da Zoe Kazan, che è anche l’attrice co-protagonista e riveste i panni di Ruby, è sensibile ad una visione dell’amore magica e disincantata insieme. Il sentimento più vasto ed inspiegabile al razocinio umano può essere sublimato da una fervida immaginazione? Viene da pensare che Calvin sia il portavoce di una schiera di persone che viaggiano più con la fantasia che con il cuore, quasi mai consapevolmente, ma di sicuro il duo Dayton-Faris sviluppa questo tema senza riserve, ricavandone una parodia acuta ed evidente. L’amore immaginato non ha sempre esiti positivi, seppur molto divertenti. “Ruby Sparks” ha la capacità attrattiva di una commedia intelligente che utilizza a proprio piacimento clichés attuali e permette allo spettatore una facile personificazione. Non è mai banale e per quanto sia divertente, segue sempre una linea netta: un assaggio di fantasia che cattura senza sfociare nella romantic comedy da diabete. Un film che in più non si risparmia sui dialoghi e che attraverso un uso sapiente della parola perfeziona l’idea di un moderno Prometeo che si ribella al proprio creatore. Come disse Jacques Prévert: “Non bisogna lasciar giocare gli intellettuali con i fiammiferi”.