Forse sarebbe bastata la trollata di Scilipoti, in una giornata dominata da trollate per il Quirinale e dall’ennesimo harakiri del PD, a destare qualche ragionevole dubbio quantomeno tra la compagine grillina:
«Voterò il professore Rodotà, politico dell’anticasta (…) un esempio di nuovismo a cui non bisogna porre argini (…) Il professore è stato deputato al parlamento italiano solo per quattro legislature consecutive (dall’VIII all’XI) mentre solo per undici anni ha calcato i banchi del parlamento europeo; è stato per otto anni garante per la protezione dei dati personali, e ora, a soli 80 anni, ha davanti a sé un fulgido e splendente futuro».
(grassetti e corsivi miei)
Onde evitare fraintendimenti, preciso sin da subito che non voglio avanzare alcuna critica sulla presentabilità e sulla levatura di Stefano Rodotà, il quale rappresenta una candidatura più che legittima per il Colle.
Quello che voglio prendere in esame è l’incoerenza grillina rappresentata da questa bizzarra preferenza espressa nei confronti di un vecchio membro della “kasta”, un “pensionato d’oro” fino all’altro giorno sfanculato nel blog di Grillo.
Divertitevi a leggere questo articolo del luglio 2010 con tanto di video.
Dopo la farsa delle Quirinarie sul web – guai tecnici, sabatoggi, candidati che con ogni evidenza non possono fare il Presidente della Repubblica che si ritirano uno dopo, peraltro candidati senza la loro volontà – il M5S ci ha regalato le facce di bronzo dei suoi rappresentanti che con la solita arroganza e prosopopea hanno dipinto Rodotà non solo come il loro Presidente ideale, la candidatura migliore tra le tante proposte, ma addirittura un’icona di virtù, il salvatore della patria.
Rodotà, proprio lui, la “mummia prezzolata” che ha rivestito mille cariche, il politico di lungo, lunghissimo corso.
Si fossero almeno limitati nell’affermare pacatamente che sì, tutto sommato, dato il contesto, dati i nomi in ballo, “ci sentiamo di appoggiare Rodotà, come segno di apertura o gesto di responsabilità”. Dico io, avrebbero fatto più bella figura. No, Rodotà viene impugnato come una loro arma invincibile. Devono aver cambiato idea dopo aver consultato la sua pagina di Wikipedia.
In realtà le motivazioni del tifo per Rodotà – che in passato non ha speso parole di appoggio per il movimento di Grillo – sono molto semplici e (squallidamente) politiche. Da questo punto di vista il M5S si comporta come un perfetto partito e la tenuta dei suoi rappresentanti, ripeto, davanti alle telecamere, ha ricordato la stoffa di veri e propri politicanti di lungo corso. Ipocriti e/o telecomandati.
Il M5S ha espresso la propria preferenza per Rodotà con il solo scopo di sfasciare il PD, abbracciando la candidatura della “sinistra costituzionalista”. Una nomina sicuramente di opposizione al PdL, di alto profilo e che avrebbe causato non poche grane a Bersani, avviato verso un suo conclamato suicidio.
Se Grillo e il M5S avessero voluto proporre una candidatura coerente con i propri principi, allora avrebbero dovuto spingere Zagrebelsky per il Quirinale, uno dei giuristi più stimati, e soprattutto un personaggio credibile ed esterno alla politica. Ma così non è stato. Forse perché la maggior parte del popolo 5 Stelle non ha ancora capito come si scrive il suo nome.
E così si è avverato l’inesorabile destino di Bersani, tra le risate sotto i baffi di Berlusconi, il quale ha da sempre giocato la parte di quello con il coltello dalla parte del manico. Il PdL, ostinandosi nel non proporre una propria candidatura per la Presidenza della Repubblica, non ha fatto altro che attendere le proposte dell’apparato del PD, scegliendo ovviamente la figura meno condivisibile e che avrebbe causata forti reazioni e spaccature, sia tra l’opinione pubblica che tra le fila del partito antagonista e del suo elettorato. Ecco a voi Franco Marini: la nemesi del centrosinistra.
Da questo punto di vista il lavoro congiunto di logorio ai danni del PD da parte di M5S e PdL ha avuto buon esito. Il partito di Bersani è ai minimi storici e a rischio spaccatura (definitiva? Mai sottovalutare i volponi dell’apparato…).
Ultima osservazione: non posso non notare la vasta e plebiscitaria mozione collettiva nei confronti di Stefano Rodotà, soprattutto nella rete, una personalità sicuramente meritevole ma, e di questo sono pronto a scommettere quello che volete, fino all’altro giorno sconosciuta ai più.
Se non altro perché, fino all’altro giorno, la medesima mozione collettiva era destinata incondizionatamente a favore di Emma Bonino, sponsorizzata dalle anime belle, dall’Italia progressista, da tutti coloro che desideravano la prima Presidente della Repubblica donna. Lei, la Bonino, la preferita dagli italiani, come la Cuccarini. No, davvero, quella cosa della “preferita dalla maggior parte degli italiani per la Presidenza della Repubblica” era un refrain che ho sentito molte, troppe volte.
Lo dicono persino in questo video peraltro agghiacciante (noi attori impegnati facciamo un film bello su dieci di merda però ci va di dirti cosa pensare). E quindi vai di appelli accorati, di tam tam mediatico, di condivisioni sui social, articoli sui giornali etc.
Sono bastati pochissimi giorni per cambiare copione, recitare un’altra messa cantata e cambiare santino. Sempre la solita storia: la scarsezza intellettuale e dico io anche di stile della nostra opinione pubblica, emotivamente instabile, coriacemente pecorona.
Inoltre spiace dirlo agli ultras costituzionalisti “left wing oriented” e alle belle anime dell’esercito di Repubblica, ma potrebbe darsi che il vostro caro Rodotà sia da considerare una carta bruciata. Davvero credete possibile che il PD possa tornare sui suoi passi, riconsiderandolo come proprio candidato per il Colle e in questo modo ammettere l’errore, esporre il fianco ad una nuova bordata di critiche e prese per i fondelli?
Si tratterebbe di un’ulteriore dimostrazione di fragilità. Verrebbe recepita come la mossa disperata di un partito morente (in realtà morto da almeno dieci anni). Senza contare che la mossa significherebbe un accordo con il M5S (e rinunciare alla collaborazione/tregua con il PdL).
Ecco perché Bersani ha in serbo un’altra delle sue. Una nuova sorpresa o “pazza idea”. Quel Bersani al limite del baratro, che ora viene criticato, insultato e deriso ma che qualcuno deve aver pur votato in quella grande epifania democratica, celebrata più o meno da tutti, che furono le famose primarie del PD.
Eppure all’epoca i segnali di questo disastro c’erano tutti. Bastava avere la voglia di leggerli. Ma la Repubblica delle Banane guardava altrove, verso il proprio Sol dell’Avvenir.