“Un uomo non diventa “dissidente” perché un giorno decide di intraprendere questa stravagante carriera, ma perché la responsabilità interiore, combinata con tutto il complesso delle circostanze esterne finisce per inchiodarlo a questa posizione: viene sbattuto fuori dalle strutture esistenti e messo in opposizione alle stesse.”
(Vaclav Havel)
Dissentire non è una carriera né tantomeno un atteggiamento, dissentire è un moto violento dell’anima, coinvolge e strugge tutto il corpo come un tormento ossessivo. A proposito dell’uomo in rivolta Albert Camus ci narra il rifiuto del rivoltoso, l’uomo che si rivolta è un uomo che dice NO!, che arriva a distinguere quella che è la frontiera oltre il quale non si può andare: bisogna avere una primavera che ti esplode dentro come un’illuminazione rimbaudiana per rivoltarsi e dissentire.
Nel Nordafrica è andata così, mentre noi sedevamo dalla parte del torto occidentale, comodamente ascoltando il jazz fusion e mangiando patatine fritte, uomini e donne erano in dissenso, e qualcuno aveva la fortuna di riuscire a scacciare il suo dittatore urlando NO!, e a qualcun altro andava peggio, si moriva e si soffriva, così amaramente che nessuno avrebbe capito il dolore primordiale di quella gente. Se noi avessimo inteso le rivolte arabe come un post-it che ci ricordava quotidianamente di come dissenso e rivolta siano armi straordinarie per la ricerca del cambiamento, forse la primavera in corso ci sarebbe apparsa più chiara del sozzo che ci affoga.
Invece non è cambiato niente, non le parole, né i fatti, né le discussioni, né gli sfoghi, né i rapimenti agli occhi. Un’altra primavera che scorrerà via nelle sue vaghe storie d’insurrezione al potere che dura appena una mezza giornata davanti ai tribunali (!!!). La rivolta ve la costruiscono loro su misura, i partiti, le associazioni, organizzano tutto, le idee, i pensieri, le parole, i cartelli e gli slogan da esibire, le giornate si e le giornate no, gli eventi su feisbuk che vi ingolfano la posta; e poi ci sono i giornali, i chierici delle sette che vendono pacchetti di pensiero prestabiliti, e non provate a fuoriuscire dalla logica, non siate traditori del loro sillogismo! E così questo paese va avanti a memoria, ad libitum. Eppure quante opportunità di rivolta morale e materiale abbiamo? Mentre la gioventù araba si spogliava di tutti i simboli politici, religiosi, e antioccidentali, noi affogavamo nella noia del simbolismo; proprio quando era il momento di creare un movimento sociale trasversale, nuovo, progressista e autentico, ci accontentiamo di far risuonare i nostri NO! nelle urne elettorali dei referendum. Bella vittoria svegliarsi in una giornata di sole da mare per andare a scrivere una crocetta che probabilmente servirà solo a consumare matite di stato. Ci adagiamo sulla democrazia… Una democrazia che ha le sue proprie logiche.
Per fare qualche esempio a vanvera, tutti sanno che il premier controlla fin troppo per essere equidistante e dalla vostra parte, e già avremmo buoni motivi per una rivolta à la Camus. Tuttavia anche prescindendo da questa banale verità, consideriamo la questione di quanto contino i partiti in Italia, e quanto questo faccia male alle libertà individuali: mettiamo che domattina vogliate aprire un giornale, ebbene al di là del vezzo della registrazione in tribunale (fortunatamente non arriviamo ai livelli dell’Arabia Saudita dove ci vuole un permesso di stato), per accedere ai finanziamenti pubblici bisogna essere legati ad almeno due deputati, diventando così ufficialmente organi di un movimento politico, ovvero espressione di tutta quella banda di ideologie e pacchetti di pensiero di cui si parlava sopra. E’ un metodo che per esempio è stato utilizzato dal messere Italo Bocchino editore de L’Indipendente, e che segnò anche la cacciata del direttore Giordano Bruno Guerri, reo di non esprimere un autentico bocchinismo. Possiamo ribattezzarlo teorema bocchino: o dite quello che vi dicono di dire o siete fuori. (Oggi la situazione è in fieri, ma qui stavamo citando appena un esempio per tutti)
Dunque. Per fare la rivolta bisogna avere tutto questo malore dell’anima interiore, e una specie di saudade di libertà. Non è nelle grandi masse già organizzate che troveremo il dissenso, ma nel jour pour jour delle cose, nel nostro sentire di individui che bramano ardere di libertà, di verità. E’ il libertario che si rivolterà, e dal contagio nascerà il NO! comune. Che non sarà un referendum o un pezzo di costume sulla rivoluzione, ma una primavera che s’accende dopo la nausea. Take your time, hurry up, the choice is yours, don’t be late!