Corpi silenziosi ed attivi di una società abituata alle rivoluzioni di cartone, il popolo italiano si appresta a vivere, l’8 dicembre, l’ennesima giornata di orgoglio politico. In quel giorno, la comunità militante di sinistra, verosimilmente poco più di due milioni di cittadini, con le primarie, dichiarerà Renzi nuovo punto di riferimento, forse immaginandolo come ultima speranza, o magari come ultimo vessillo. In quella data, se tutto andrà come taluni sperano, e altri scongiurano, comincerà compiutamente la <<Terza Repubblica>>. Diciamo subito che Renzi è il più accreditato a vincere, ma ha degli avversari di rispetto che sono Civati, Pittella e Cuperlo.
Avversari che pur se rispettabili, sono altresì lontani dalla capacità enfatica che Renzi riesce a proporre, e che per di più non hanno quegli sponsor che permettono di organizzare manifestazioni come la Leopolda.
Renzi sarà verosimilmente il prossimo segretario del PD e quindi forse anche il prossimo premier.
Il discorso però, quando si parla del sindaco fiorentino, non può essere così facile e neppure riduttivo. Al di là della <<c>> toscana, Renzi è altro, ed è a buon diritto definibile: figlio della storia degli ultimi vent’anni.
Quanto il popolo di sinistra ha agognato un Berlusconi Rosso? Quanto il popolo di sinistra ha voluto qualcuno che sapesse ammaliare, colpire, magari dare delle soluzioni facili a problemi enormi? Renzi è questo. Il sindaco di Firenze è figlio di questa cultura: dove non si arrossisce neppure se qualcuno dice che :<<davanti ai problemi non c’è destra e sinistra>>; dove non c’è più il pudore di andare in programmi targati De Filippi; non si ha neppure il timore di accettare i complimenti del nemico storico o farsi foto per giornali di gossip imitando Fonzie.
Renzi è italiano nel senso più moderno del termine, e basta vederlo, da piccolo, ospite della <<Ruota della Fortuna>>, per capire quanto lui sia lontano dalla scuola del vecchio PC. Il suo stile, la sua capacità di attrarre grosse simpatie fuori dalla politica, e poi una volta mostrati i muscoli anche nel suo partito, è una dote indubbia. La sua forza emotiva, il suo saper fare opinione è qualcosa che taglia in due il paese e che solo i grandi uomini di spettacolo sanno fare. Renzi è quello li, ed è al contempo causa ed effetto del suo tempo: figura che ogni tanto il destino pone al centro della scena per imprimere una svolta. Dicevo che se vincerà lui, comincerà la <<Terza Repubblica>>, e come per il passaggio tra la prima e la seconda, i nodi saranno ancora fermi nel pettine e si cambierà solo per stanchezza, ed anche per la polvere ormai accumulata su alcuni uomini di potere. Berlusconi, che è la sintesi e la sostanza del periodo cominciato nel 1994, è ancora qua, alla fine del suo percorso certo, ma ancora qua: come nel 1994 Andreotti era ancora, e ci rimase per molti anni, su uno scranno parlamentare. I misteri ci sono, i movimenti nuovi ci sono anch’essi, una volta era la Lega Nord, ora il Movimento 5 Stelle. Insomma, la storia sembra già vista. Un simpaticone che ha un po di denari da spendere, certo non quanti Berlusconi, e buoni amici in un paese sbadato e sbandato con un governo para-tecnico, ed il malcontento che cresce esponenzialmente.
Perché sottolineare tutto ciò?
Per dire che Renzi è il male? Magari per smitizzarne la bravura? Tutt’altro. Studiare il personaggio, conoscerlo, serve ad immaginare il peggio, ovviamente sperando nel meglio. Per alcuni, a cui è difficile dare torto dopo una mole importante di coincidenze e circostanze, Renzi non è solo un altro Berlusconi, ma il nuovo gradino dell’Italia peggiore e populista, ovvero quella cominciata con i misteri di Andreotti, continuata con le tangenti di Craxi ed arrivata a noi con i misteri e le tangenti dell’ex Cavaliere di Arcore, avvezzo a non farsi mancare nulla. Renzi incarna quel pensiero li, quello del guascone simpatico che gestisce le cose a suo modo, modalità dove la coerenza non è una dote essenziale, e le risposte non devono per forza essere veritiere, ma verosimili. Per altri, al contrario, il sindaco di Firenze è davvero l’ultima speranza, l’unico in grado di mettere d’accordo un numero sufficiente di persone e governare un insieme di macerie dannatamente belle che chiamiamo Italia. Per questi, ovvero per i renziani più o meno tenaci, poco contano i giri di parole, o sapere che nell’ombra di Renzi c’è Giorgio Gori, che fu anche nell’ombra di Berlusconi: bisogna puntare giustamente alle soluzioni dei problemi, e non alla loro connotazione ideologica. Allo stato attuale immaginare chi sarà Renzi da grande è esercizio affascinante ma è un azzardo.
Chi sarà lui da grande è difficile dirlo, più facile è dire chi non siamo più noi.
La sinistra, quella della falce e martello in un grande partito di massa non esiste più, e magari non è mai esistita; le destre liberali vere, giovanili per antonomasia, in Italia hanno i capelli bianchi di un professore della Bocconi, troppo in buona fede ed ingenuo nel fidarsi di una politica arraffona, tanto da esserne stato schiacciato; una parte dell’elettorato, cercherà sempre un Duce, un uomo forte che gli toglie i problemi e che la faccia sentire parte di qualcosa, anche se questo qualcosa non si chiama più Fascismo.
Siamo cambiati, o forse adesso ci vediamo più chiaramente rispetto agli scorsi decenni. Ecco perché Renzi esiste ed ha successo, ed ecco perché l’8 dicembre potrebbe solo essere il sigillo su un’Italia ormai da raccontare ai figli.