18 maggio 2013. Nick Allbrook abbandona i Tame Impala per dedicarsi, anima e corpo, alla sua creatura: i Pond. (schizofrenia? No, ma ci arriviamo con calma). Dopo un turbine che ricorda vagamente uno scambio di ostaggi, entrambe le formazioni trovano l’undici titolare. Raggiunto uno stato di quiete apparente, i quattro capitanati da Allbrook sfornano Hobo Rocket (Agosto 2013). L’unico punto in comune con i ragazzi di Innerspeaker rimarrà Jay Watson, che ancora oggi milita in entrambi gli schieramenti. Non che Nick si sia lasciato male con Parker e compagni, per carità; è che Watson rappresenta l’ultimo tangibile punto di contatto tra due progetti che due anni fa correvano ancora in parallelo, e che oggi cominciano ad acquisire fisionomia propria. Merito di un lungo e travagliato svezzamento. E forse questa è la volta buona che il processo di emancipazione va in porto. Se non ora, quando? Questo 2015 sarà in grado di saziare il nostro appetito e servirci tutte le risposte su un piatto d’argento che porta il nome di Man it feels like space again. In uscita il 23 di gennaio, il sesto disco del quartetto di Perth presenta una serie di curiose novità e rassicuranti sguardi ai lavori scorsi.
9 tracce spalmate su 45 minuti scarsi.
Solite atmosfere di ordinata confusione, solite chiassose esplosioni stile Hobo Rocket. Ma questa volta il dialogo tra intelligibilità e psichedelia si fa evidente, e il risultato è un disco più facilmente scrutabile, anche al primo ascolto.
I suoni stile power ballad di Holding Out For You si mischiano alla spinta di pezzi come Zond, in cui la potenza dei synth ci fa tornare in mente la buonanima dei Late of the Pier.
Prima di avventurarci nelle viscere del disco, però, l’ascolto del trittico Outside Is The Right Side – Sitting Up On Our Crane – Waiting Around For Grace potrebbe tornarci utile per ammorbidire le orecchie e cominciare a digerire le nuove velleità, diluite con una buona dose di suoni dal passato.
Il resto del disco spinge forte sul paradigma della semplificazione, condita di divagazioni ai limiti del folk e tambureggianti cavalcate scandite dalle lancette del navigato classe ’90 Jay Watson. Sfrondando qua e là, però, si rischia di lasciare qualcosa per strada.
Una considerazione su tutte: i tempi di Psychedelic Mango sono belli che andati, e con loro la ricerca di nuove frontiere e sonorità sperimentali. E quando smetti di cercare, puoi farlo per due ragioni: o hai deciso di lasciar perdere, o hai finalmente in mano ciò che cercavi. Penso che i Pond abbiano maturato una prospettiva fissa sulla loro maniera, riferimenti e influenze compresi, e non intendano più distaccarsene.
Sembra che gli anni della promiscuità musicale siano finiti, e l’ombra di Kevin Parker non sia più una zavorra creativa, ma un motivo in più per benedire una svolta pop che avrebbe tanto il sapore della consacrazione definitiva.
Impala l’arte e mettila da parte, come si suol dire.
01. Waiting Around For Grace
02. Elvis’ Flaming Star
03. Holding Out For You
04. Zond
05. Heroic Shart
06. Sitting Up On Our Crane
07. Outside Is the Right Side
08. Medicine Hat
09. Man It Feels Like Space Again
2015 Pond Band, Universal Music Australia