Al Festival di Cannes 2011 questo film della regista-attrice Maiwenn ha conquistato il Premio della Giuria e ha sorpreso per l’approccio narrativo ad una tematica piuttosto ardua da trattare sotto vari punti di vista. Maiwenn colpita da un documentario visto in tv ha deciso di raccontare la routine quotidiana di una particolare squadra di agenti di polizia francesi: il gruppo BPM (Brigate per la Protezione dei Minori) si occupa di reati subiti dai minori come molestie e abusi e di reati compiuti dai minori in molti casi sfruttati dagli adulti per la loro impunibilità. La difficoltà di trattare il dramma della violenza sui bambini unita alla volontà di non fare il quadretto dei poliziotti belli buoni e felici rende toccante e interessante la pellicola che in effetti rasenta lo stile documentaristico, la telecamera non ingombra e si infiltra tra gli attori seguendoli nel loro vivere e agire. Le testimonianze molto crude e tutte riprese da fatti realmente accaduti lasciano sgomenti e rendono appieno l’idea delle sensazioni provate dagli agenti che si trovano quotidianamente a dover avere a che fare con tali situazioni e determinate persone; anche per questo il parallelo con le complicate vite private di ognuno dei componenti la BPMdiventa fondamentale per comprendere le problematiche emotive dei personaggi che sono anche costretti a combattere con una scarsa considerazione di colleghi di altri reparti e delle alte sfere della polizia, oltre a dover fronteggiare continui tagli di fondi e mezzi per il loro lavoro.
Polisse parla di pedofilia, del mondo adolescenziale, di violenza familiare, di incesti coperti dal potere, parla del difficile lavoro del poliziotto quando si è alle prese con certi reati che, potendo coinvolgere in modo estremo, vengono seguiti dagli agenti interessati solo fino al momento dell’arresto, nulla di quello che avviene dopo li deve più riguardare. La scelta di alternare momenti gioiosi a quelli drammatici fa parte del realismo imposto al lavoro nato dopo mesi di affiancamento della regista ad un reparto di Protezione Minori, e la familiarità e l’affetto mostrato nel film tra i poliziotti rispecchia l’esperienza vissuta da Maiwenn che allo stesso tempo ha verificato la nascita di tensioni all’interno del gruppo per approcci diversi alle situazioni e per condizioni psicologiche qualche volta al limite della sopportazione.
Sono quasi certo che, purtroppo, nelle sale italiane Polisse (storpiatura del termine “police” dovuta ad uno degli errori grammaticali più frequenti per i bimbi transalpini) passerà inosservato, una meteora con scarsa distribuzione; ma ciò che mi auguro è che il cosiddetto servizio pubblico della televisione italiana si assicuri quanto prima i diritti di questo film davvero importante per discutere di una tematica drammatica sempre più presente nella società contemporanea.