Nel novembre del 2010, alla Stazione Leopolda di Firenze, abbiamo sentito per la prima volta discutere di rottamazione interna nel Partito Democratico: la tre giorni dell’evento fiorentino (che si chiamava Prossima fermata Italia) era stata organizzata da Pippo Civati e Matteo Renzi, per proporre nuove direzioni al Pd, e suggerire piccoli cambiamenti strategici. Il leit motiv dell’evento era fare qualcosa di profondamente rivoluzionario per il paese, aprire le porte ai giovani democratici, e proporre temi nuovi, che in qualche modo la vecchia guardia sembrava trascurare (meglio la banda larga delle grandi opere, era uno dei punti su cui – per esempio – insisteva il giovane Civati). All’epoca Matteo Renzi, figlio della ricca borghesia toscana dalla carriera politica fulminante, era già il sindaco di Firenze, spesso contestato internamente dal suo partito per i suoi modi sempre un po’ fuori dalle righe, e poi c’era quel fantasma della rottamazione che aleggiava nelle parole del sindaco che stizziva D’alema e compagnia. Dall’altro lato c’era un Civati che sin dalla fondazione aveva militato nel Partito Democratico, e parallelamente aveva proseguito i suoi studi fino ad un dottorato in Filosofia alla Statale di Milano. Le premesse dell’incontro tra due personaggi diversi eppure simili nella loro voglia di cambiare profondamente le dinamiche interne del PD e del paese, ci sono tutte in quel Novembre del 2010: vengono mobilitati i giovanissimi dell’area di sinistra in Italia, come Scalfarotto e la Serracchiani, tre giornate di interventi che riescono ad attirare l’attenzione.
Ad appena un anno di distanza da quella convention Pippo Civati dichiara: ”Lo scorso anno, uno degli slogan della convention alla stazione Leopolda era ‘prima il popolo, poi il leader’: ecco, mi pare che adesso Matteo si stia occupando più del leader che del popolo”. Cosa succede tra un anno e l’altro che porta alla prima rottura tra i due giovani democratici? Ci sono alcuni episodi che man mano allontanano le visioni politiche dei due rottamatori democratici. Anzitutto la visita ad Arcore di Renzi a Berlusconi: la critica non è tanto nell’incontro in sé, ma il fatto che fosse rimasto segreto e non all’interno di uffici istituzionali. Civati inizia a non capire, e si dissocia in qualche modo da quell’incontro con un ”io non ci sarei andato” ad Arcore. Altre dichiarazioni del sindaco di Firenze, come il sostegno a Marchionne per il rilancio della Fiat, e le prese di posizione contro i sindacati, mettono il dubbio a Civati che Renzi ”frequenti altre compagnie”. In un’intervista a L’Unità Civati mette in chiaro i motivi della rottura col lanciatissimo sindaco di Firenze: ”Veniamo da percorsi formativi differenti. Lui viene dalla tradizione popolare cattolica, io dalla sinistra, dall’Ulivo, dove poi ci incontriamo”.
Uno dei personaggi più controversi del nuovo corso renziano (che prende il via nel 2011 senza più l’appoggio di Pippo Civati) diventa Giorgio Gori, che pare essere l’autore (ghost-writer) delle 100 proposte programmatiche della Leopolda del 2011 che contribuirà a costruire il progetto del PD di Matteo Renzi: controverso perché Gori è il fondatore della Casa di Produzione Magnolia vicina a Mediaset, casa produttrice de L’isola dei famosi. Forse è in questo preciso incavo del tempo che inizia a costruirsi un immaginario di Renzi complice di Silvio Berlusconi, suo naturale erede dalle attitudini leaderiste. Dall’altro lato, più a Nord Civati continua a curare il suo blog e a dedicarsi all’attività politica, sempre critico nei confronti del Partito Democratico quando c’è da contestare. Il progetto del 2010 di costruire assieme la Terza Repubblica pare sfumato. Ognuno prende la sua strada. Matteo Renzi va diritto lanciatissimo all’occasione delle primarie 2012 del PD, quelle che perde contro Bersani.
La cosa divertente del Partito Democratico è che appena a un anno di distanza da quelle primarie si torna a votare per altre primarie: e veniamo ai giorni nostri, ovvero allo scontro diretto tra i due rottamatori della Leopolda, Pippo Civati e Matteo Renzi, per il titolo di nuovo segretario del Partito Democratico. La vecchia guarda del Pd non se la sente di appoggiare l’ancora troppo giovane quasi quarantenne Civati, e sostiene Cuperlo, contribuendo in un certo senso a dar man forte a quella che diventa la schiacciante vittoria del sindaco di Firenze.
Nell’annunciare i nuovi volti della segreteria del Pd non sfugge all’occhio la presenza del civatiano Filippo Taddei, nuovo responsabile economico del partito. ”Posso solo dire che penso che nella candidatura di Pippo ci fossero proposte molto forti e che per questo Renzi abbia deciso di metterle nella sua agenda.”, ha dichiarato Taddei ad Europa Quotidiano. In tanti vedono invece una riapertura di Renzi al vecchio spirito della Leopolda del 2010, al vecchio compagno di rottamazione Civati. Dal suo blog Ciwati fa sapere: ”io non ho nominato nessuno, anzi. Era Renzi ad avere bisogno di uno bravo in economia, e noi ce l’avevamo”. Ma l’ipotesi di un ritorno di fiamma dopo la rottura sembra al momento lontanissima.
Chiudiamo questo primo viaggio negli ultimi tre anni del nuovo corso democratico con un video che ormai potrebbe sembrare d’epoca, l’intervento conclusivo alla convention della prima Leopolda di Pippo Civati, e suggeriamo un divertente salto al minuto 9 e 15.