È dura convivere con l’hype al tempo d’oggi. Mettiamo caso che voi siate una band francese, di indubbie qualità musicali, che ha sfornato uno degli album più freschi e originali degli ultimi tempi e che, dopo circa quattro lunghi anni, decide di dare finalmente vita al nuovo, ormai attesissimo lavoro. Voi come vi sentireste ad avere il fiato sul collo di tutti gli ammiratori di mezzo mondo che scalpitano al solo pensiero di vedere la vostra band esibirsi dal vivo nel vari festival che affollano il pianeta? Beh io non lo so come ci si sente, ma sicuramente non riuscireste a stare troppo lucidi. So però come ci si sente a stare dall’altro lato della transenna, da quello di chi il nuovo disco dei Phoenix da Versailles era proprio curioso di ascoltarlo e che, dopo aver appurato che il primato indiscusso l’avrebbe avuto sicuramente per la copertina più brutta del 2013, ha pazientemente atteso l’uscita del singolo. Insomma bisogna ammettere Entertainment non ha certo fatto gridare al miracolo ma anche che, nonostante le giapponeserie varie introdotte e il poco mordente, non è risultato così inascoltabile. Insomma il dubbio che i nostri eroi un po’ avessero fallito ha sfiorato un po’ tutti, solo che nessuno ci ha voluto veramente credere. Mesi dopo eccoci alla prova del nove ed eccolo qui per intero questo “Bankrupt!”. Non ci resta che incrociare le dita e premere play.
La prima impressione che si ha è che il nuovo album dei Phoenix somigli di più ad una raccolta di tracce escluse dal lavoro precedente, quel tanto osannato “Wolfgang Amadeus Phoenix”, che ogni jogger che si rispetti dovrebbe tenere fisso nelle cuffiette durante le sue corse per doparsi ed aumentare le proprie prestazioni. I nuovi brani a dirla tutta risultano tutt’altro che ispirati, piuttosto riciclati e sporcati da un frastuono di synth che nasconde la fragilità delle canzoni. Addio alle cavalcate ritmiche alla Lasso, alla melodia accattivante di Rome. Lo ascolti e improvvisamente i Phoenix ti sembrano un gruppo come gli altri. Per carità lungi da me l’idea che “Bankrupt!” sia un disco inascoltabile, di canzoni carine ce ne sono, ma carino è un aggettivo che una band di questa portata non può assolutamente permettersi, soprattutto dopo quattro anni di assenza. Si finisce per soffrire di fronte a brani come S.O.S. in Bel Air o Trying to be cool, così sterili e poveri di idee e, quando poi la title-track ti propina un pippone sintetico senza arte né parte di 7 minuti, è facile sbadigliare a metà strada tra il sonno e la veglia.
Ci mancano quelle chitarre spigolose dalle ritmiche esaltanti, quegli arrangiamenti così fini e ricercati, la batteria come scoppiettante macchina da guerra per riempire di energia ogni singola nota, ci mancano perché tutte queste peculiarità sono come annegate in una pasta sonora che acceca l’ascoltatore come fumo negli occhi.
Lo spiraglio di luce arriva finalmente, dopo trenta minuti di passione, con gli unici due pezzi vagamente interessanti del disco, l’estatica Bourgeois e la dinamica Oblique City, magre consolazioni per un album fatto più di canzoni da tenere in sottofondo che di brani da ascoltare con attenzione.
Non ci resta che rimandare i Phoenix alla prova del live, per scoprire se anche la loro fama di grandi performer si è affossata come la loro ispirazione, o se questo “Bankrupt!” risulta più semplicemente un passo falso, fin troppo facile da compiere dopo un album così perfetto qual era stato il suo predecessore. Insomma teniamo le dita incrociate e l’hype un po’ più basso, che così non si rischia di far troppi guai.
Loyaute/Glassnote, 2013
Tracklist:
- Entertainment
- The Real Thing
- SOS in Bel Air
- Trying to Be Cool
- Bankrupt!
- Drakkar Noir
- Chloroform
- Don’t
- Bourgeois
- Oblique City