Cambiamento, progressismo, laicità. Se Emma Bonino ed il suo Partito Radicale non fossero mai esistiti, queste parole in Italia avrebbero solo riempito la bocca di aspiranti partiti di sinistra (più o meno liberale, più o meno contestativa, più o meno “partiti” – chi oggi si fregia di incarnare il cambiamento non vuole neanche più sentir parlare della parola partito, come se fosse una schifezza, qualcosa di cui vergognarsi. Ma di questo parliamo altrove).
È vero, Emma è stata una stragista, per utilizzare un vocabolario caro al senso cattolico di questo paese. In realtà ha “semplicemente” aiutato migliaia di donne ad abortire negli anni ’70, quando l’aborto era ancora illegale, autodenunciandosi e facendosi arrestare. Leggete bene, facendosi arrestare. Voi vi fareste mai arrestare per difendere quello in cui credete? Emma sì.
La vera forza di Emma sta nel fatto di non essere un candidato di sinistra. Il Presidente della Repubblica non è un uomo di partito, non può essere sballottato a servizio di questo o quel gioco di palazzo, è colui che rappresenta l’Italia nel mondo, garantisce gli equilibri ed è super partes per eccellenza. Che agli elettori di una certa sinistra piaccia o meno, quasi un terzo dei votanti al 25 febbraio 2013 si sente rappresentato da Silvio Berlusconi. Far finta che non esistano, o bollarli tutti come minus habens, è scorretto, sbagliato e contrario all’idea stessa della democrazia. Emma, in questo senso, non è mai stata donna di parte: uno dei principali rimbrotti che ho sempre sentito fare al Partito Radicale è quello di essere bandiera al vento, cambiare schieramento per salire sempre sul carro del vincitore (non si capisce bene perché, se questa furbissima tattica dovrebbe garantire la vittoria, il Partito Radicale – e liste che lo rappresentano – non accocchino mai più del 2%). Emma può piacere indubbiamente alla sinistra, con la quale condivide (dovrebbe condividere) le battaglie sul pacifismo, sui diritti civili anche dei reietti – la sfortunata lista di scopo con cui si sono presentati alle elezioni, Amnistia Giustizia e Libertà, parla da sé -, ma può piacere (dovrebbe piacere! ma perché non piace?) alla destra liberale, libertaria, quella che la parola Libertà l’ha voluta infilare perfino nel nome stesso del partito, salvo poi intenderla esclusivamente come libertà del suo principale esponente dai processi che lo riguardano.
Emma Bonino poteva essere il presidente di tutti. Non solo degli italiani, ma anche dell’Europa, nella quale ha ricoperto i ruoli istituzionali più importanti, delle donne africane (famosa la sua battaglia contro le mutilazioni genitali femminili), dei rifugiati politici, dei carcerati, dei gay, dei malati terminali, di chiunque in questa Italia retrograda e chiusa si è visto un diritto negato per imposizione da parte di ideologie nelle quali non si riconosce.
Certo, inutile negarlo, Emma Bonino non piace né mai piacerà ai cattolici. Ma d’altronde, nonostante il principio della laicità dello Stato non sia esplicitamente nominato nella nostra Costituzione, non viviamo più in uno Stato confessionale, ed è bene che i cattolici prima o poi se ne rendano conto. Mi permetto l’umiltà di credere che Emma Bonino saprebbe tutelare anche i loro, di diritti.
L’ultimo argomento lo scelgo non a caso, parafrasando un detto inglese potrei dire last and also least. Emma Bonino è una donna. Il che, di per sé, non dovrebbe per nulla costituire un argomento. Ma in Italia, considerando questa elezione come ormai perduta dal fronte (trasversale, che per una volta sembrava aver messo tutti d’accordo) dello speriamo che (il prossimo PdR) sia femmina, l’elezione di una donna ad una carica istituzionale di rilievo fa e farà sempre notizia. Anche stavolta abbiamo perso una grande occasione. Il progressismo di Emma è, purtroppo, ancora un sogno per questo paese.