Lo scrittore cileno Roberto Bolaño ha scritto in uno dei suoi capolavori, 2066: ”le parole sono dappertutto, persino nel silenzio”. È il racconto di devastanti narrazioni che sgorgano dalla sincope della parola. Sempre Bolaño ci parla di Kafka e Rimbaud: l’uomo che voleva bruciare tutti i suoi scritti dopo la morte, e l’uomo che ha lasciato la poesia per l’Africa. ”Siamo responsabili delle nostre azioni, delle nostre parole, e dei nostri silenzi” diventa un mantra che ricalca passo passo l’Anna Karina di Vivre Sa Vie (cfr. Godard) che dice di essere responsabile di tutto, dal fare la puttana all’alzare un braccio. Il silenzio declama intere destinazioni di parole e sottintesi, è responsabile del fraintendimento umano quanto la parola e il gesto.
il giorno del mio compleanno il 25 maggio/abbiamo speso 60 dollari e passa/per cena vino e cocktail/più un film/ a cena non abbiamo trovato quasi niente da dirci/ anche se ci sorridevamo/ spesso (Raymond Carver)
Nulla ci vieterebbe una noiosa disamina sulla poesia dell’incomunicabilità umana, tuttavia non siamo qui per raccontarvi la storia della critica letteraria ufficiale di Ungaretti e Montale. Siamo qui per parlare dei vuoti, dello Xenia di Montale che racconta l’assenza, e in quell’assenza trova le parole. Forse la narrazione del vuoto, del silenzio, si fa compiutamente parola proprio in questo senso. E Carver, che festeggia il suo compleanno senza aver niente da dire di nuovo a tavola, colma l’urlante e stordente silenzio con il sorriso. Per questo le parole sono dappertutto, e spesso sono più vuote di quello che potrebbero riempire. Penso che la cosa migliore che possa capitarci siano le parole oneste, e il ritiro dalle parole quando mancano di onestà si trasforma in onesti silenzi. Forse è questo il cuore del misterioso messaggio di Arthur Rimbaud nel suo ritiro dalla poesia: la sensazione di aver già raccontato tutto quello che aveva da raccontare. Non resta che la vita, con tutte le sue discussioni coraggiose, con tutti i suoi sforzi di battaglia, le sue animate urgenze. Le parole sono dappertutto perché crescono come rampicanti onesti nella foresta della vita, basta riconoscerle, toccarle con mano, sedurle, e tenerle strette nel taschino della giacca.
La foto di copertina è presa da Flickr CC (fonte: P K), e ritrae il Testamento Geometrico di Rafael Dieste appeso alle intemperie