L’hanno rifatto. Ancora una volta. Ancora con lo stesso sentimento della prima volta. La necessità d’espressione degli Ought è formidabile. Il loro bisogno nevrotico di vivere un’emozione, sedercisi e stare a guardare quello che succede è meravigliosamente produttivo. Once More With Feeling è un piccolo corollario del loro disco d’esordio, un bonsai in cui emerge il succo sonoro e lirico della band.
Pill apre le danze e lo fa sotto la maschera di una ballata malinconica che prende quota al tempo di marcia, più sale su e più l’intensità aumenta e con lei il sentimento di cui sopra. È straordinario come gli Ought lavorano sui cliché, come ricamano attorno al “già sentito” e ne fissano subito la distanza necessaria dal loro carattere. New Calm Part. 2 è un’onda continua, un loop infinito di accordi che aumenta e scende d’intensità assecondando i capricci di Tim Beeler Darcy, che parla di bambini che invitano Paul Simon ad un falò e scandisce il tempo e le parti con convinzione, personalità e quella schiettezza disarmante che lascia sempre spiazzato l’ascoltatore: you gave me your calm and I gave it away..
New Calm Part. 3 è molto più sinistra, sfiora il noise e le atmosfere notturne per poi spegnersi in un feedback di chitarra quasi fastidioso. L’ep si chiude con Waiting, altro bel pezzo cadenzato che suggella un’altra pubblicazione convincente dei ragazzi canadesi.
Più che un ep a sé, Once More With Feeling sembra uno spin-off di More Than Any Other Day. I quattro brani che lo compongono sarebbero benissimo potuti finire sul disco d’esordio ma forse, così facendo, sarebbe risultato troppo prolisso e ascoltando gli Ought non si può non notare la loro predilezione per un approccio frontale, scarno, immediato con il pubblico. L’hanno rifatto e ci sono riusciti benissimo perché, al di là di tutto, il loro sentimento è sincero e irresistibilmente affascinante.
Fernando Rennis
Suono (Black Flowers Cafe, Parkwave e Lunokhod) e nelle pause, se non leggo, scrivo di musica. "No language, just sound, that's all we need know"
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