Un atroce dubbio alimenta un’angoscia costante durante i 130 minuti di visione di Melancholia: avrà mai fine questo film? La prima parte dell’opera di Von Trier sembra strizzare l’occhio in maniera poco elegante allo straordinario Festen di Thomas Vinterberg, con un ritratto di famiglia impietoso in questo caso racchiuso in una festa di matrimonio che mano mano scopre i contorni della devastazione mentale della sposa. Eppure la brutta copia di quello che era stato il film capostipite del manifesto Dogma ’95 creato da Von Trier con altri registi danesi non è il peggio che possa assicurare la pellicola, perché le pieghe depressivo-apocalittiche che prende la storia affondano totalmente l’attenzione dello spettatore a cui quasi non interessa più dove vogliano andare a parare i protagonisti spauriti: che siano le due sorelle, tra cui c’è la sposa che non voleva sposarsi e infatti è riuscita a farsi mollare dal marito in tempo per non consumare sfogandosi sul prato con un giovane pseudo-collega di lavoro conosciuto alla festa di nozze, oppure che sia il padrone di casa stramiliardario e razionale all’inverosimile con il figlioletto che ad ogni risveglio avverte che la propria famiglia si sta disgregando in attesa del fantomatico big bang. Dopotutto gli attori non hanno colpa dell’inconcludenza di questa insopportabile storia, anzi sono bravi nel loro ruolo di vittime sacrificali dell’instabilità cinematografica del Von Trier post-dogmatico. Lo scricchiolio avuto con Antichrist ha portato ad una fantomatica lesione autoreferenziale il regista danese a cui si devono alcuni dei film più originali e importanti degli ultimi vent’anni (Dogville – Dancer in the dark – Le onde del destino – Idioti): l’intenzione che aveva nel girare Melancholia era addirittura di allontanarsi il più possibile da una trama liberando l’occhio visionario e invece si è ritrovato ingabbiato in una storia che oltre a evitargli qualsiasi possibilità di sperimentazione visiva (eccetto il breve fascino del prologo) ha reso il film un’ingombrante e noiosa parabola che rimpalla in maniera per nulla lineare tra psicologia e astrofisica, finendo nel clamoroso paradosso di una storia dal sapore decisamente inconcludente nonostante si concluda con la fine di tutto per antonomasia, l’esplosione della Terra.
Lars Von Trier resta uno dei registi più innovativi del Cinema moderno, ma Melancholia è a mio parere un film molto deludente.