(a cura di Eugenio Maddalena, foto di Antonio Perrelli)
Quella che si è svolta all’INIT di Roma è stata una serata particolarmente roboante e piena di lividi e scorticature di ogni genere, merito di Ty Segall accompagnato dalla sua band, da Mikal Cronin e dal loro manager che si è presentato travestito da cowboy sul palco per aprire le danze e presentare “Manipulator”: solo l’ultima delle innumerevoli fatiche che ha all’attivo Ty (la settima contando solo quelle soliste, all’età di 27 anni è un bel record), altro centro ben riuscito nella sua varia ed eterogenea discografia.
Rovistando tra l’hashtag di #TySegall mi sono imbattuto in quella che forse è la foto più rappresentativa della serata: pubblico stretto e ammassato, band completamente fuori fuoco a causa dell’entusiasmo da palco (ma tecnicamente ineccepibile, intendiamoci) e un piede che spunta dal basso in tutta la sua violenza da pogo incontrollato che hanno innestato Ty e compagni:
Ty Segall ha aperto proprio con Manipulator, title track dell’omonimo album presentato in serata, uno dei pezzi più melodici e rilassanti del repertorio della band, con un cantato acido e penetrante in featuring con il folle manager che sembrava uscito da una delle peggiori visioni di David Lynch. La band ha proseguito verso sonorità simili sviscerando per bene il nuovo lavoro attraverso “Feel” e soprattutto “The Clock” che tra le nuove tracce è quella che ha movimentato di più le prime fila.
Ma il coinvolgimento maggiore è venuto fuori da pezzi provenienti da album precedenti, in particolare con “I Bought My Eyes” in combo con “Tell Me What’s Inside Your Heart” (entrambi da “Slaughterhouse”) hanno generato momenti di particolare sudore ed esaltazione. L’album più duro e ruvido di Ty Segall si è rovesciato su tutto il live cambiandolo, instradandosi verso il finale con un’ubriaca e posseduta “Wave Goodbye”. Se è vero che Slaughterhouse è il lavoro più riuscito e sincero di Ty Segall, la sua qualità si riversa anche nella scaletta del suo concerto segnandolo irrimediabilmente.
Uno dei momenti più intensi del live è rappresentato da Thank God For Sinners, dove improvisamente il crowdsurfing è diventato più intenso e due persone si sono scontrate in aria con una certa simpatia e sorrisi reciproci (un estratto video da Instagram qui, con tanto di cubista improvvisata sotto palco).
La sorpresa però è arrivata sul finale, la Ty Segall Band ci ha regalato un encore stranissimo in tributo ad Halloween. La band si è presentata sul palco con maschere di animali, Ty si è messo alla batteria con la maschera da scimmia mentre il manager ha fatto da frontman travestito da Batman: così conciati si sono esibiti in una session tributo ai Black Flag (la band si è autonominata “Bat Flag”). L’imitazione di Henry Rollins era perfetta, ogni movenza, ogni espressione ma anche il timbro vocale ricordava lo storico frontman della band hardcore. Tra “Nervous Breakdown” e “Rise Above” i matti capitanati da Ty hanno regalato ai partecipanti uno dei momenti più strani e divertenti che possano ricordare.
Di seguito, la gallery fotografica a cura di Antonio Perrelli