Marco Pannella sta facendo lo sciopero della fame e della sete. Non è una notizia nuova considerato tutte le volte che lo ha fatto. Ciò che cambia stavolta, rispetto alle altre innumerevoli, è che l’argomento è serio e lui ci sta lasciando davvero le penne. Ha accettato il ricovero in ospedale ma ha deciso di non rinunciare alla possibilità di usare lo sciopero come mezzo di divulgazione. Si perché alla fine è questo. Lo sciopero della fame è una forma di protesta per poter tornare in luce sui media nazionali e per evidenziare alcune problematiche.
Il motivo che mi ha spinto a fare quest’articolo è che la stragrande maggioranza dei media si sta focalizzando semplicemente sul fatto che Pannella è in gravi condizioni di salute, ma tralascia sistematicamente le ragioni di tale protesta. Personalmente, non condivido completamente il suo punto di vista, anzi, la questione legalitaria e securitaria mi ha sempre fatto storcere il naso perché ammicca ad alcuni processi di demonizzazione mediatica che sono nauseanti (vedi “clandestini”, etc.). Credo di essere stato abbastanza chiaro nel dirvi che non patteggio per Pannella.
Credo anche però che, in queste ore, sia un dovere poter spiegare cosa sta facendo. Il motivo, lo ripeto, è che se ne sta parlando solo in termini voyeuristici, ai livelli di Novella 2000 per intenderci. Detto senza mezzi termini e cercando di centrare il punto, Pannella sta scioperando per la questione carceraria. Non è una cosa da poco o non può passare in secondo piano solo perché “Pannella li fa sempre sti scioperi”. Ci ricorda Maurizio Bolognetti dalle pagine del sito ufficiale del Partito Radicale che
«dal 1990 al 2011 si sono suicidati 1128 detenuti e decine di agenti di Polizia penitenziaria; nel solo 2012 contiamo 59 suicidi tra i detenuti. L’Osservatorio permanente delle morti in carcere racconta che ogni anno si tolgono la vita 60 detenuti e dieci agenti di Polizia Penitenziaria. Sono questi dei caduti sul campo dell’assenza di Stato di diritto e legalità. Agenti, detenuti, centinaia di caduti, vittime del mancato rispetto del dettato costituzionale e delle convenzioni internazionali sulla tortura».
Pannella propone lo strumento dell’Amnistia non come un’arma buonista e ingenua, ma come risposta alle ripetute condanne dello Stato Italiano da parte della giustizia europea per la durata dei processi e per l’assenza del reato sulla tortura. Se consideriamo che la metà dei detenuti sono in attesa del procedimento giudiziario, nonostante il fatto che l’Italia sia un paese che si basa sulla “presunta innocenza”, noteremo che è in atto una macelleria carceraria.
L’articolo 5 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani recita «nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizioni crudeli, inumane o degradanti». Il carcere, rappresentato proprio dallo stereotipo (giusto una volta tanto) del sovraffollamento e dell’abuso, è diventato esattamente questo: un luogo di supplizio. In Italia come tutti ben sappiamo non esiste un reato penale che riguardi la tortura e questa è la parte della sua lotta che condivido.
Arriviamo poi ad un’altra questione. Lo sciopero della fame non è soltanto la protesta contro le condizioni carcerarie, ma anche uno strumento di propaganda come già detto poc’anzi. Difatti Pannella preme anche sulla questione della legge elettorale e quella dell’accesso ai mezzi di informazione propagandistici. Pannella crede che ci potrebbero essere partiti minori che avranno difficoltà a presentare le liste e rischiano di non avere visibilità. Difatti Il radicale ha letto poi – nell’omonima radio – un messaggio che sta rimbalzando da tutte le parti, dai blog alle radio, che riportiamo per dovere di cronaca:
«I nostri sono gli stessi motivi di fondo che nel 1976 indussero un elenco illustre, senza precedenti, ad aderire all’appello che riuscimmo a pubblicare a pagamento sulle pagine de La Repubblica che, provocando alcune tribune politiche di riparazione prima del voto, permise agli italiani di giudicare per la prima volta le nostre ragioni e battaglie. Io continuo assolutamente nello sciopero totale di fame e della sete, vedremo se arriveranno nomi vitali come nel 1976, perché quelli urgono. Servono personalità che dicano ’sono pronto ad essere candidato».
Mentre il tweet di sostegno #IostoconMarco ha raggiunto vette indicibili, il leader torna a casa e lascia la clinica. I medici stanno chiaramente dicendo che Pannella rischia di morire se non si ferma subito. Lo so, viene da pensare che sia una mossa elettorale, che stia cercando di prendere i voti dai carcerati e cose del genere. Io credo che sia probabile, ma non credo che la sua sia unicamente una mossa di propaganda. Credo che stia cercando di unire le due cose: comparire di nuovo sui media nazionali e riportare alla luce la questione della tortura e del carcere.