E’ la legge, bellezza, e tu non ci puoi far nulla. Per la precisione, si tratta del decreto Severino: lo stesso approvato pochi mesi fa da un soddisfatto Pdl, mentre Angelino Alfano ne rivendicava con orgoglio la paternità. Secondo quanto prescrive il comma 2 dell’art. 3, la condanna definitiva di Berlusconi per frode fiscale nel processo Mediaset impone l’immediato ricorso al voto di decadenza, che prevede anche l’ineleggibilità futura.
Evidentemente i parlamentari dovevano aver pensato che la legge è uguale per tutti quelli che non si chiamano Berlusconi, tant’è che il decreto è stato già bellamente ripudiato e bollato come “incostituzionale” dai pidiellini, che passano i giorni a peregrinare nelle radiofrequenze dell’etere tra un talk politico e l’altro gridando al colpo di Stato mentre si battono contriti il petto per il “caro leader” vittima dell’occhiuta setta dei magistrati democratici. Nessun ricorso a Strasburgo potrebbe salvare Berlusconi dalla decadenza come senatore della Repubblica, affermano infatti autorevoli costituzionalisti che per il caso specifico rigettano anche l’ipotesi di retroattività.
Nessuno potrebbe salvarlo, si diceva. Nessuno tranne il Pd. Il Partito democratico che ha passato gli ultimi 15 anni a puntare il dito sull’odiato nemico, lo stesso partito che quando ne ebbe la possibilità non votò la legge sul conflitto di interessi, salvo passare gli ultimi anni nel costruirsi attenuanti che giustificassero questa imperdonabile distrazione agli occhi dell’elettorato deluso. Il Pd ora si ritrova nuovamente tra le mani le sorti politiche di Berlusconi da un lato e quelle dello stato di diritto e della sopravvivenza del partito stesso dall’altro. Deve essere evidentemente una scelta dolorosa e sofferta perché, malgrado la legge prescriva un voto immediato sulla decadenza, la Giunta per le Immunità del Senato non è ancora riuscita a maturare una decisione. Come ha dichiarato il senatore Andrea Augello, relatore in Giunta per il Pdl “servono diverse sedute”, “un tempo ragionevole”. Certo sarebbe stato preferibile che Berlusconi avesse fatto da solo un passo indietro, prendendo atto da sé dell’inopportunità di continuare a sedere in Parlamento e delle conseguenze che una condanna definitiva comporta, prima di tutto sul piano politico. Il motivo per cui ciò non avverrà mai lo ha rivelato candidamente lo stesso Berlusconi: “Io non mi dimetto. Mi dimetto solo se Napolitano mi concede uno scudo su tutto, anche sulle inchieste in corso. Se mi dà assicurazioni su Napoli. Altrimenti non se ne parla di passo indietro ora che mi puntano una pistola alla tempia.”
Se l’ignavia granitica del Pd persisterà non ci sono dubbi che sarà di nuovo l’Inquilino del Quirinale a cavare tutti d’impiccio. “Ragazzi non fate giochi pesanti. Poi qualcuno si fa male e si mette a piangere”.