In un mondo che ogni giorno di più sembra essere sull’orlo del precipizio, in uno spazio pubblico occupato quasi interamente dalle affermazioni di politici e di opinionisti e in una dimensione domestica frammentata da stress e litigi, quello che talvolta manca è solo un po’ di leggerezza. Basta un poco di zucchero e la pillola va giù, cantava la tata della Disney, Mary Poppins. Forse a scarseggiare è proprio l’ottimismo, ma a dirla tutta anche un pizzico di frivolezza: tutti impegnati socialmente, tutti scrittori di una generazione in crisi, ma poi chi sa veramente cosa voglia dire fare buona musica?
I JFK & La Sua Bella Bionda, formazione napoletana dal 2009, hanno trovato la combinazione perfetta per addolcire il cuore del loro pubblico attraverso melodie semplici, ma ben costruite insieme a testi sempre brillanti.
Esattamente un anno fa, il 21 marzo 2013 è uscito per Polosud Records il loro primo album, Le conseguenze dell’umore, ed oggi, così come 365 giorni fa, ricomincia la primavera, una stagione da cui traggono ispirazione per un disco d’esordio che appare come una prova di grandi capacità cantautoriali.
Il viaggio intrapreso da Lelio Morra, leader della band partenopea, comincia con lo zaino in spalla e la chitarra in mano tra le vie del centro storico di Firenze, qui le note camminano sempre più veloci fino a correre sui binari che lo porteranno prima nel sud della Francia, a Cannes, Marsiglia e Tolosa e poi a nord, a Bordeaux, Nantes e Parigi.
A seguito della trasferta gallica di Lelio, il ritorno a Napoli è traumatico. La città è diventata troppo piccola e soffocante, ma è proprio grazie a quest’atmosfera claustrofobica che i JFK iniziano a prendere vita. Nati dalla rottura con il passato del loro frontman, quello che rimane è una storia d’amore che fa ancora parlare di sé. Una dopo l’altra, le dieci tracce che vanno a comporre il lavoro in studio di Lelio, Federica, Gian Marco e Fabio si vestono di sogni, baci e carezze.
L’amore non è mai carico di aspettative, anche il dolore non è più che una dolce nostalgia appartenuta ad un’epoca passata, così come in Tremo, vellutata marcetta stemperata da una sinfonia d’archi. Nonostante il giorno arrivi alla sua conclusione, la luce non viene sostituita dal buio, la più rockettara Stasera, ballata estiva da saltellare su un pontile o sui ballatoi delle case di ringhiera, disperde il suono nell’incresparsi delle onde del mare e nello stesso modo la pioggia e l’oceano si fanno un tutt’uno in Forse Volevi Ballare: lo sguardo si posa su una bella donna dall’accento francese e la storia rimane sospesa in una Ville Lumière senza tempo ed età.
Troviamo anche lo zampino di Tommaso Cerasuolo dei Perturbazione e del paroliere italiano per eccellenza, Mogol, che si sono prestati per la realizzazione di Ci Penso Io, che va a definire un ambiente intimo e familiare sospeso fra la doccia, il divano e il mare. C’è un ritorno alla semplicità in questo disco: ci sono i vecchi taccuini ritrovati non in bauli impolverati in soffitta, ma sulle strade della vita di Intanto e il piano energico di La Musica (Può Solo Vincere), una delle più belle prove dell’album e ancora l’ukulele fresco e primaverile di Fruit Joy o il riff danzereccio di Gente Comune.
Di poesia si arricchisce il finale di E Come Se’ e con quei rullanti ska reazionari, accompagnati da trombettieri urbani, in Il Pezzo dell’Estate anche il mare si fa strumento pronto a misurare il tempo trascorso come la sabbia sottile che scorre in una clessidra. Le conseguenze dell’umore ha una voce potente, quella della linearità del codice musicale che dovrebbe sempre essere accessibile a tutti. Naif senza artifici superficiali, i JFK fanno un passo indietro per farne altri cento avanti: promossi senza debiti!