Gli Irlandesi, un popolo con tanti stereotipi quanti sono i pub ispirati a loro, non proprio celebri per il loro savoir-faire, hanno raggiunto un punto di svolta su uno dei temi maggiormente controversi del nostro secolo: l’aborto. Ho detto un punto di svolta, non hanno mica visto la luce in fondo al tunnel. I devoti di S.Patrizio, come molte delle persone su questo pianeta, temono i cambiamenti, ne sono terrorizzati, quindi pensano bene, nel caso in cui non riescano ad impedirli, di rallentarli talmente tanto da far in modo che tu muoia nell’attesa che il gallo segnavento cambi direzione. Nessun eufemismo, nessuna esagerazione. Parlare di morte è esatto perché il seme, per una discussione seria a riguardo, fu piantato nove mesi prima (il tempo di gestazione del progetto di legge) quando una donna perse la vita in seguito all’insorgenza di complicazioni legate alla gravidanza. Il 28 ottobre 2012 Savita Halappanavar alla diciassettesima settimana ebbe un aborto spontaneo rivelatosi da perdita di liquido amniotico e da una notevole dilatazione della cervice uterina. Savita chiese che le venisse rimosso il feto ma l’ospedale rimase sordo alla sua richiesta, con la conseguenza che la dilatazione della cervice le provocò un’infezione che degenerò in setticemia, la causa del trapasso. Il finale tanto triste quanto scontato vide la morte sia del feto che della donna. Bel risultato per un paese civile.
Questo spiacevole episodio ha portato all’approvazione da parte della Camera Bassa Irlandese del “Protection of Life During Pregnancy Bill”, un provvedimento che legittima l’aborto quando dalla gravidanza risulti un rischio per la vita della donna. Si attende ora l’approvazione della Camera Alta, ma non dovrebbero insorgere problemi per via della solida maggioranza del partito che ha presentato la proposta di legge. Arrivare a questa proposta di legge non deve essere stato semplice perché agli irlandesi proprio non scende giù il dover affrontare questa tematica; già nel 2010 l’Irlanda fu condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo in quanto in proposito violava l’art. 8 della CEDU (la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, divenuta vincolante per gli Stati membri dell’UE dopo la ratifica del Trattato di Lisbona), attinente al “diritto al rispetto della vita privata e familiare”. Il permanere di questo “groppo in gola” è certamente aiutato dalla cultura Cattolica che permea la società irlandese, uno stuolo di tuniche e sai che combatte le sue odierne crociate cercando di imporre i propri credi (non sia mai esprimere semplicemente un’opinione). D’altronde devono pur trovare un’alternativa in chiave moderna alla conquista della Terrasanta, vorrete mica che si annoino? Se questa voglia d’imporsi su tutto e tutti sia dovuta alle frustate sul culo, che questi gerarchi in gonnella subivano da infanti per mano delle loro suore/educatrici armate di nerbo di bue, non è dato saperlo.
Una cosa è certa, ossia che gli irlandesi (come noi italiani ed i nostri cugini spagnoli) per quanto si dichiarino atei, agnostici, buddisti o qualsiasi altra cosa saranno sempre, in un modo o nell’altro, cattolici. Il retroterra culturale fa si che questo nucleo forte di cattolicesimo non abbandoni mai la coscienza collettiva. Si pensi a questo quando si ha di fronte qualcuno che si professa contrario all’aborto, o obiettore di coscienza, per motivazioni che esulano dalla propria confessione religiosa. Gli obiettori di coscienza, che imperversano nei nostri ospedali, sono stati oggetto di recentissime discussioni politiche scaturite da una mozione di SeL che puntava a limitarne il numero. Questi obiettori in campo medico incontrano maggior favore di quei poracci che lo sono in campo militare, infatti a quest’ultimi non consentono mica di poter far il militare impugnando una pistola a gommini. Nel caso qualcuno decida di rivestire una determinata qualifica deve sopportare il peso dei pro e dei contro che questa comporta. Tutto questo non vale in campo medico dove agli obiettori, nel corso dei propri doveri, è consentito venir meno a quei compiti contrari alle proprie convinzioni ideologiche, morali o religiose. Cambiare reparto? No? Occhio non vede, cuore non duole e sono tutti felici. Obbligato citare a questo punto Corrado Guzzanti, in arte (in questo caso) Don Pizzarro:
“ma amica mia sull’aborto due so e cose: o lo vietiamo e ricominciano quelli clandestini o lo lasciamo così. Ma che poi fa partorì una pefforza? Che famo je commissariamo er corpo? Je mannamo i carabinieri? Nun ze po’ fa! Magari! Nun ce lo fanno fa, nun ce lo faranno mai fa. È na battaglia persa. Accontentamose, continuiamo quello che stamo a fa, continuiamo a piazzà obiettori de coscienza da per tutto che poi je famo fa carriera e all’artri no e va bene così.”
Non mancano esempi extraeuropei dove la legislazione lascia ben poco spazio alla libertà di autodeterminazione. Si prenda ad esempio in El Salvador, dove Beatriz (non si conosce altro) è stata costretta, in pratica, a partorire, nonostante fosse affetta da una grave malattia cronica autoimmune e la bambina che stava per nascere affetta da anencefalia. Un discorso a parte va fatto poi per l’India che non consente l’aborto ma tollera una forma di aborto selettiva, dove i maschi, in quanto portatori sani di discendenza, sopravvivono mentre le femmine, che un giorno saranno proprietà di un’altra famiglia e necessitano di una dote per far sì che succeda, seguono il destino opposto.
Tra i problemi principali vi è un eccesso di legificazione e un proibizionismo distribuito a pioggia: se non ha funzionato con gli alcolici, quali percentuali di riuscita si pensa possa avere con l’aborto? Inoltre il ricorso quasi obbligato a pratiche clandestine e pericolose non è stato per nulla un deterrente. In fondo l’aborto ha origini antichissime, legate quasi all’uomo in quanto tale. Come storica e trasversale è anche la contrapposizione, tradotta in termini correnti, tra pro-life e pro-choice. Trasversale perché le viscere di questi movimenti di pensiero si intrecciano tra religione, politica e società. Basta guardare i pro-life di casa nostra, che nella marcia a Roma di quest’anno contavano il supporto di esponenti della Cei, di Forza Nuova e figure politiche di spicco quali Alemanno,Gasparri e Meloni. Non dico altro.
Con la recente legalizzazione dell’aborto in Irlanda, l’unico paese UE in cui l’aborto rimane vietato in ogni sua forma è Malta. La Spagna, che consente l’aborto, sta però pensando ad un revirement di proporzioni enormi, che qualcuno ritiene degno del periodo franchista. Il governo Rajoy sembra esprimere tutta l’intenzione di voler tornare al 1985, quando abortire era considerato reato.
La conclusione la lascio a chi, anni fa, sembrava averci visto lungo:
Se siete così pro-life e siete così pro-child, allora adottatene uno che è già qui, che nessuno vuole ed è solo ed ha bisogno di qualcuno che si prenda cura di lui; portatelo lontano da una situazione orrenda. Ok? La gente dice: Perché non lo fai tu allora? Ed io rispondo: Perché i bambini mi stanno sul cazzo e non me ne potrebbe fregare di meno..Non ho preferenze sull’aborto, è una tua scelta. Il caso è chiuso. Fine. (Bill Hicks)