Abbiamo raggiunto Jukka Reverberi dei Giardini Di Mirò per quattro chiacchiere sull’ultimo album Rapsodia Satanica (di cui trovate la recensione qui), e sul mondo della musica italiana nei Duemila. Ne è uscita fuori un’intervista da leggere a uno dei protagonisti di una delle migliori band italiane.
1. Come per Il Fuoco, l’esperimento di sonorizzare un film muto con l’ultimo album Rapsodia Satanica si ripete. Questo fa del vostro album un lavoro difficile, ma è anche un viaggio sonoro raffinato. Cosa vi stimola nella sonorizzazione delle immagini?
Per molti anni, giornalisti ed appassionati, hanno definito il nostro suono come cinematografico. A noi non dispiaceva come definizione ma non capivamo esattamente che volesse dire. fortunatamente il Museo del Cinema di Torino nel 2007 ci ha chiesto di lavorare su una nuova interpretazione musicale per Il Fuoco. Da lì, fin dalle prime prove di scrittura, è nata la nostra passione per le sonorizzazioni. ad oggi siamo collezionisti di colonne sonore, musichiamo pellicole anche con i nostri progetti extra-gdm, ed abbiamo cercato fortemente di ripetere l’esperienza del Fuoco: ovvero lavorare su un bellissimo film, girato con codici d’altri tempi, dargli una nostra interpretazione affiancando quasi cento anni dopo il lavoro dei registi, portando questi spettacoli dal vivo non solo nei cinema ma anche in club.
2. Come procedete quando lavorate a una sonorizzazione: nel senso, guardate prima l’intero film insieme, o improvvisate mentre lo state guardando?
Impariamo a conoscere il film separatamente. Ognuno di noi deve avere ben chiaro lo schema narrativo del film. Magari abbozziamo già alcuni demo a casa per poi ritrovarci tutti assieme in sala prove e lavorare con tutto il gruppo alle musiche. La musica nasce sempre sulle immagini, cerchiamo un rapporto emozionale con la pellicola. Sono le immagini che devono guidare la nostra musica, alle volte abbiamo anche la presunzione di guidare il carico emozionale della narrazione filmica con la nostra musica.
3. Parte della critica sostiene che con Rapsodia Satanica abbiate messo un po’ da parte la vena post-rock: è vero o meno?
Io penso che in questo lavoro ci siano in alcuni momenti di maggiore affinità con suoni e stili tipici del post rock rispetto ad album come Dividing Opinions. Penso all’inizio di Rapsodia: è decisamente incasellabile nel faldone del post rock ma fortunatamente è solo l’inizio di un viaggio che ci porta anche ad attraversare altri suoni.
4. Quali sono gli ascolti giovanili che vi hanno maggiormente ispirato a diventare i Giardini di Mirò?
Ognuno di noi ha una formazione diversa ma innegabile dire che i Sonic Youth sono stati una grande influenza per noi. Magari non si sentono tantissimo però sono stati il nostro punto di partenza assieme ai Massimo Volume per rimanere in Italia. Devi però sapere che siamo quasi tutti dei maniaci musicali, ossessionati da dischi e musiche varie. quindi le influenze sono molteplici.
5. Sia tu che Nuccini state accompagnando due grandi personaggi del panorama della musica italiana nell’esperienza del reading musicato. Parliamo di Emidio Clementi che porta in giro le parole di Emanuel Carnevali, e di Max Collini con “Spartiti”. Come giudicate queste sperimentazioni nel panorama italiano?
Sono progetti particolari. Strani da portare in giro perché sono difficili e per un pubblico adulto: una lettura musicata di sabato sera non è esattamente un menù pensato per i pischelli. Allo stesso tempo però ci sono persone molto interessate a questo modo di unire parola e suoni al di fuori del contesto canzone. Credo che entrambe le esperienze di cui parli abbiano avuto un buon successo di attenzione e pubblico a testimonianza che in Italia c’è spazio anche per questo tipo di serate.
6. Sicuramente l’ambiente emiliano è molto ricco a livello musicale. C’è uno scambio artistico che lo ravviva?
Se mi riallaccio alla domanda precedente ti rispondo di sì, è evidente. c’è anche ad altri livelli, se rimaniamo confinati in quello che chiamiamo scena musicale indipendente. ma è anche vero che parliamo di una riserva indiana e quindi è normale che ci sia scambio di esperienze tra musicisti.
Io però sono diventato meno attento rispetto al passato, forse perchè ho troppi progetti attivi, e non ti so dire come vadano le cose per le nuove leve.
7. Sappiamo quanto sia difficile per quelli della ”nuova guardia” riuscire a vivere di musica. Voi che siete ormai una band storica ci riuscite?
No, lo abbiamo capito praticamente da subito. Figuriamoci, ci sarebbe piaciuto ma non è una cosa fondamentale. Suoniamo assieme da 18 anni, diamo il massimo e non abbiamo mai considerato di fare come mestiere i musicisti nei Giardini Di Mirò: è una nostra passione, che ha segnato profondamente ed in positivo le nostre vite. va bene così. C’è di peggio nella vita che dar corpo e realizzare un proprio sogno.
8. Ripensando agli anni Novanta e ai gruppi italiani che allora andavano per la maggiore è facile individuare il post-rock insieme ad un certo tipo di noise di stampo americano come cifra stilistica dell’epoca. Guardando al presente, e al decennio abbondante dei Duemila, qual è secondo voi il genere musicale che lo racconta?
C’è stato un forte ritorno all’italiano che quando abbiamo iniziato era scomparso nel mondo musicale indipendente. Tornando quindi la lingua patria sono tornati pure tutta una serie di suoni tipici della musica leggera italiana. Oggi il campo di gioco maggioritario è quello, la canzone italiana. I musicisti indipendenti degli anni 90 univano la lingua patria a suoni altri mentre nei duemila si è avuta una normalizzazione sia sonora che testuale. Peccato.
a cura di Gio Taverni e Salvatore Sannino