Abbiamo incontrato i Be Forest poco prima del live al George Best di Napoli, e scambiato quattro chiacchiere con loro a tutto tondo: dai ricordi dei primi live napoletani al nuovo album Earthbeat, dall’apertura degli Slowdive ai progetti futuri del gruppo. Il gruppo di Pesaro è formato da Nicola Lampredi alla chitarra (che suona anche nei Brothers in Law), Costanza Delle Rose voce e basso, Erica Terenzi voce e batteria, e in ultima battuta si è aggiunto anche Lorenzo Badioli al synth e agli effetti. Vale la pena leggerla!
Anzitutto bentornati a Napoli, che ricordi avete dei vostri vecchi live?
Nicola: Napoli era stata la nostra prima data fuori dalla nostra città nel 2010. È stata la data alla Cellar Theory, una bella data mi ricordo.
E che ricordi avete della Cellar?
N: Un posto molto carino. E poi era la prima volta fuori da Pesaro, lo ricordiamo con molto affetto.
Earthbeat è abbastanza diverso nelle atmosfere rispetto a Cold, c’è meno darkwave e più luce, sembra più curato nei dettagli: parlateci un po’ di queste scelte.
N: Sì, diciamo che sicuramente è un pochino più pensato rispetto al primo disco, e comunque volevamo dargli un sound diverso rispetto al primo e cambiar qualcosa per non ripeterci, anche perché non sentivamo più quei suoni lì in determinate cose. E siam contenti di quello che è venuto fuori.
Anche sulle percussioni ci sono dei suoni che sembrano quasi etnici.
N: Sì, per esempio la batteria di Erica.
Lorenzo: E io che viaggio molto! (ride)
N: Sì, anche alcune cose di Lorenzo che ha messo le basi e ha fatto un po’ d’ambiente. Ci volevamo dare una scaldata al suono. Ne è venuto fuori un suono meno freddo.
Si parla tanto di ”scena pesarese”, e una domanda che vi faranno tutti è cosa c’è di speciale a Pesaro, però a noi non interessa (ridono). Piuttosto volevamo sapere come si vive a Pesaro il resto del tempo quando non si fa musica indipendente: ci sono anche discoteche, balere e tutto il resto?
N: No, niente. La vita è molto tranquilla. C’è qualche localino, niente di che.
L: Probabilmente è anche per quello che la gente fa musica, perché non c’è un cazzo.
Come nascono le vostre canzoni nella struttura melodica e nella scrittura: viene prima la musica e poi il testo, viceversa?
N: Sì, viene prima la musica, poi la linea vocale, il testo, eccetera. Di solito le cose partono in sala prove insieme, tipo jammando, e poi dopo quello che ci piace teniamo e quello che non ci piace buttiamo via nel cestino.
Costanza: Creiamo tutto insieme, un giro di chitarra, un giro di basso, un giro di batteria, e poi vediamo quello che esce fuori.
Nella vostra band c’è una componente paritaria di uomini e donne.
Erica: Adesso sì!
Chi prevale nel gruppo come equilibrio dei sessi?
C: Tutti! Siamo stra-equilibrati!
N: Adesso la cosa è abbastanza equilibrata. Prima forse le donne perché erano in due e io ero da solo. Adesso che è arrivato anche Lorenzo, la cosa si è equilibrata.
Avete aperto i Japandroids nel loro tour e quest’estate tocca agli Slowdive: come vi sentite ad aprire una band così seminale?
N: E’ una grande emozione sicuramente. Infatti in un’intervista che ci hanno fatto su Rumore a ognuno di noi avevano chiesto qual era la band che volevamo aprire nei nostri sogni e io avevo risposto gli Slowdive, e quindi si è realizzato proprio un sogno.
C: Sì, e poi è bello che saremo tutti lì tra gruppi della scena di Pesaro: Brothers in Law, Soviet Soviet e noi. E anche questo è un aspetto che ci piace.
E se doveste scegliere un gruppo a cui fare da apertura, tolti quindi gli Slowdive.
N: Dato che loro ormai è andata? Vabè non si sa mai eh! (fa scaramanzie) A me piacerebbe aprire i These New Puritans.
E: Eh bravo, mi hai rubato la risposta: e io adesso cosa mi invento?
Siparietto intramezzo: c’è anche Andrea Guagneli dei Brothers in Law che accompagna nella data napoletana la band, e si rivolge così ad Erica: ”Puoi dire i Brothers in Law!”. Erica lo guarda, sorride, e risponde: ”No, fino a prova contraria sei tu che apri me!” (ridono)
C: A me si sa! Nick Cave! Anche Leonard Cohen, però più Nick Cave. Antony and the Johnsons anche volendo, vabè siamo lì: Nick Cave, Leonard Cohen e Antony and the Johnsons.
L: Io Burzum. (ridono) Che ridete, è vero, a me lui piace, ha fatto anche un disco ambient.
Ogni tanto vi divertite a fare cover, è successo con i Massive Attack, gli Altro, gli stessi Japandroids: chi sarà il prossimo?
C: Il prossimo pezzo lo stavamo giusto decidendo. E’ tutto in forse per ora.
N: Stavamo pensando, o almeno io ho pensato ai Velvet Underground ma ancora non si sa. A me piacerebbe fare Venus in Furs, però si parlava anche di Femme Fatale, per ora non sappiamo.
Stasera tra l’altro c’è anche Brunori Sas a Napoli.
Sì, lo abbiamo incontrato in autogrill!
Infatti stasera a Napoli c’era il doppio concerto, con quelli che vengono da Brunori che magari fanno una capatina anche da voi in seconda battuta.
C: Ma sì, ci sta il fatto che non si accavalli un concerto sopra l’altro, ed è molto positiva l’idea di un accordo tra un locale e l’altro.
C’è un festival dove vorreste suonare?
N: Sì, io al Primavera Sound!
C: Al Coachella!
N: Anche il Coachella non mi farebbe schifo!
C: O a Glastonbury.
Gli M+A suoneranno al Glanstonbury.
C: Sì, infatti sono bravissimi. Siamo molto contenti per loro, penso che siano tra le realtà musicali italiane tra le più valide in questo momento. Se non vi è mai capitato di vederli live rimediate.
E: Se lo stra-meritano, il concerto è spettacolare. Il disco è bello ma il concerto è dieci volte più intenso.
(intervista a cura di Salvatore Sannino e Giovanna Taverni)