Dopo un bel periodo di pausa meritato, ma anche no, ritorniamo nell’anno nuovo con l’intervista ad Alessandro Grazian: il cantautore padovano. Grazian ha alle spalle una sostanziosa e complessa carriera musicale e, per chi non lo sapesse, ancor prima delle note, la passione per le arti visive. La sottoscritta lo ha intervistato e non vi dice altro: adesso tocca a voi!
1) Alessandro Grazian, un cantautore nato dal rock che intorno ai vent’anni ha trasferito i suoi interessi verso la musica d’autore. Come mai questa conversione? Senti mai la nostalgia del punk-rock?
Non saprei se si può parlare di conversione; Diciamo che verso i vent’anni ho vissuto alcune esperienze che mi hanno allontanato progressivamente dal rock e mi hanno avvicinato ad un mondo più intimista e acustico. A volte mi capita di avere un po’ di nostalgia del rock, ma in realtà come ascoltare non l’ho mai abbandonato e infatti ho sempre continuato ad ascoltare i dischi della mia adolescenza e a scoprirne di nuovi.
2) E’ dall’esordio con l’album intitolato Caduto, nel 2005, che hai dimostrato di essere un artista trasversale in quanto è difficile collocarti o accostarti ad un cantautore specifico: secondo il mio parere spazi da Tenco a Bersani senza mai assorbire troppo di uno o dell’altro e di chi si trova tra loro; inoltre, ti contraddistinguono le melodie che prendono le sembianze di vere e proprie colonne sonore e a tratti ricordano musica per la danza. Anche i tuoi testi sono pieni di riferimenti: Puskin, Aragon, Battisti o Endrigo.. Ascoltandoti sono arrivata a questa conclusione: con Grazian nulla accade per caso! Dunque ti domando: quanto sono importanti lo studio della parola, il significato testuale e la ricerca del suono.
Sono importantissimi! Potrei parlare ore per spiegare quanto mi stanno a cuore questi aspetti. Qualcuno dice che sono fin troppo puntiglioso nella ricerca del dettaglio ma posso affermare che se dovessi tornare indietro rifarei i miei 3 dischi esattamente nello stesso modo. Per ciò che riguarda i testi, sento il bisogno di scrivere parole che abbiano contenuto ma anche musicalità e siccome scrivo in italiano (lingua non sempre facile) a volte la missione è faticosa.
3) Collegandomi alla domanda precedente, il risultato delle tue tracce è senza dubbio, anzi, prima di tutto, raffinatissimo e come conseguenza attira un pubblico più alto e attento; è una scelta quella di permettere solo a determinati destinatari di poter ascoltarti?
No, non è una scelta. Io parlo delle cose che mi stanno a cuore e con quello che faccio cerco di inseguire una certa idea poetica, un certo immaginario. Purtroppo il mondo che inseguo a volte è molto personale, poco condivisibile da altri. Forse ci vorrà del tempo per avere un uditorio un po’ più ampio.
4) Su Facebook ti sei autodefinito “il cantautore triste che ci rende tanto felici”, perché?
Era una boutade, mi piacciono gli ossimori. Negli ultimi tempi ho iniziato a coltivare un po’ di autoironia e comunque non ho lo spauracchio della tristezza in musica: io stesso se ascolto certi dischi ombrosi provo buone sensazioni.
5) I brani dell’ultimo EP “L’Abito”, uscito nell’ottobre 2009, sono stati scritti durante il tour del disco “Indossai”; cosa ti ha spinto a pubblicarlo subito e non aspettare per inserirli in un eventuale nuovo album?
Sentivo che avevo ancora delle cose da dire in una certa direzione estetica prima di lasciarmi andare ad eventuali stravolgimenti. Era importante per me dare quella testimonianza discografica per svariate ragioni sia musicali che umane. Volevo in qualche modo chiudere un cerchio, prima di passare agli “anni dieci”.
6) Domanda di attualità: L’EP sopra citato contiene una canzone intitolata “Incensatevi” la quale avvisa i signori, i baroni, che saranno gli artefici della loro prossima fine. È un augurio che rivolgi alla situazione italiana attuale? Perché in tal caso ti dispiacerebbe se la utilizzassi come inno personale?
Utilizzala pure!
7) Nei tuoi testi ricordi dei viaggi in Austria, Francia, Russia proponendo persino due pezzi , rispettivamente, in lingua francese e tedesca; quanto sono stati importanti? scriverai anche di Milano e Padova?
In Russia non ci sono mai stato purtroppo e infatti la canzone che ho dedicato a San Pietroburgo è tutta giocata su questo mancato viaggio; non posso vantare grandi trasferte in giro per il mondo ma è superfluo dire quanto possano pesare sull’ispirazione. Riguardo Milano in realtà l’ho già inserita in una mia canzone citando “Piola”, la stazione della linea 2 che serve il politecnico (Ne parlo in “Ballata”, il mio brano fuso con “è vero” di Bindi, nel disco “Indossai”). Per quello che riguarda la mia città natale, penso che prima o poi le dedicherò qualcosa.
8) Hai collaborato con diversi musicisti tra i quali Gabrielli e Manzan; li richiamerai per i prossimi progetti o live? Ce ne sono? Hai deciso quale sarà la prossima parola da aggiungere alla frase composta dai tuoi dischi “Caduto Indossai L’abito…”?
Per quello che riguarda la continuazione di “Caduto Indossai L’abito”, da qualche settimana mi frulla in testa una parola/titolo, ma non so ancora se deciderò alla fine di continuare questa frase o se ci darò un taglio interrompendola lì. Per quello che riguarda Gabrielli e Manzan, visto che siamo in ottimi rapporti penso che sicuramente ci sarà occasione di tornare sul palco insieme. Con Manzan ho fatto l’ultimo concerto insieme lo scorso gennaio, con Gabrielli il 1° Maggio. Loro hanno avuto un anno pieno d’impegni e le occasioni non ci sono state, inoltre io dal 9 luglio del 2010 (giorno del mio trentatreesimo compleanno) mi sono fermato coi miei concerti. Tornerò a fare qualcosa dal vivo in questi giorni.
9) Alessandro Grazian si occupa anche di arti visive: com’è nata questa passione? Hai imparato a suonare la chitarra da autodidatta, vale lo stesso con la pittura?
La passione per le arti visive è nata fin da bambino, è la musica che è arriva dopo. Pittura e musica sono due passioni che ho coltivato da autodidatta. Anche se ho frequentato il liceo artistico e un po’ d’Accademia di Belle Arti, nessuno mi ha mai insegnato a prendere in mano un pennello e un tubetto di colore.
10) Le tue musica e pittura s’ influenzano?
Penso di sì, ma sono comunque due linguaggi che negli anni ho cercato di mantenere distinti, per il timore che la pittura, rispetto alla mia più nota attività di musicista, figurasse come un hobby e nulla più.
11) Non l’ho fatto per la musica ma ora ti domando se c’è un artista o una corrente che t’influenza più di altri/e e perché.
Mi piacciono molte cose e oltre all’arte figurativa seguo un po’ di arte contemporanea. Posso dire che da ragazzo ho amato molto Schiele. In generale credo di essere stato influenzato dalle correnti artistiche di inizio novecento, ma ora che sono ritornato ai pennelli, sento che ci sono anche altri spunti che mi hanno contagiato. Appena posso vado a visitare musei, pinacoteche e gallerie. Durante la lavorazione de “L’Abito” ho tenuto una riproduzione de “La madonna del parto” di Piero Della Francesca (uno dei miei preferiti) a fianco della postazione di lavoro, come buon auspicio.
12) Quale delle due arti vivi o crei con più spontaneità e naturalezza, quale è più diretta e immediata?
La pittura si “esaurisce” nell’esperienza della realizzazione dell’opera mentre la musica è scrittura ma è anche performance e si vivifica ogni volta che si suona dal vivo quello che si ha scritto. Per me nell’ultimo anno c’è stata più naturalezza nel dipingere che nel fare musica.
13) Al MEI di quest’anno, hai tenuto una mostra delle tue tele rappresentanti i volti più noti della scena musicale indipendente italiana: a partire dall’ormai noto Capovilla, al cantautore degli anni zero Brondi fino ai tuoi compagni d’avventura Gabrielli e Manzan. Com’è nata l’idea e come hanno reagito i protagonisti?
L’idea è nata un po’ per gioco quando mi sono trasferito a Milano lo scorso anno. Mi dicevo “Voglio ricominciare a dipingere e voglio rappresentare qualcuno, non più lavorare su degli archetipi mentali come ho fatto fin’ora. I soggetti potrebbero essere tutti questi miei colleghi musicisti, ognuno di loro ha una storia e un viso che da raccontare”. E’ nata un po’ così, come una pausa dalla musica che in realtà è completamente iscritta nella musica, più precisamente è iscritta nella scena musicale del 2010. Dai feedback che ho avuto, mi pare che i “protagonisti” dei miei dipinti hanno reagito bene!
14) Sarà possibile rivedere esposti i tuoi dipinti? Magari trovarti in giro non come cantautore ma come pittore!
Sì sarà possibile. Ad esempio dal 20 al 30 gennaio 2011 i miei dipinti saranno esposti a Milano nello spazio espositivo “It’S My*”.