Bill Callahan attualmente vive ad Austin, in Texas, e ce lo immaginavamo proprio lì da perfetto man americano a tracannarsi di birra e whiskey, in un ranch accanto a un fiume molto piccolo, il fucile da caccia in cantina, qualche chitarra acustica buttata sul pavimento, e un telefono di soccorso con cui chiamare le varie ex chanteuses sparse per il nuovo continente (Chan Marshall, Joanna Newsom, Cindy Dall). In questo quadretto ha composto il nuovo album, Apocalypse, un’avventura americana in sette canzoni che respira la malinconia delle ballate al sapore di tabacco, ascoltare Drover per credere. Tutto gioca sulla nostalgia di qualcosa, e delle terre fumanti, ci riporta con la mente all’ultimo racconto di Callahan, Lettere ad Emma Bowlcut, 62 lettere scritte a una donna impossibile incrociata da Bill nel suo viaggio randagio per l’America.
Un’uscita davvero inconsueta per questi tempi violenti è Badlands di Dirty Beaches, ”non c’è nient’altro che suoni così in questo momento” – ha scritto Pitchfork, ed è vero. Ce ne accorgiamo subito, dal sapore low-fi che si mischia al rockabilly, il retrogusto tutto sporco del sound, basti ascoltare la bellissima Lord Knows Best, una melodia che non ci aspettiamo da un taiwanese pellegrino negli States.
Non c’è soltanto retrò per orecchie contemporanee questo mese. Certo, anche il nuovo dei Tv on the radio a volte si getta alla rincorsa dei tempi passati, o di riecheggi del cantato dei National, come in Keep your heart, ma c’è anche la vecchia anima di Caffeinated Consciousness. Se volete suoni più synth ci sono i Cold Cave con Cherish The Light Years, provate The Great Pan is dead, e peggio per lui se è morto con questo orgasmo sintetico di Smiths in sottofondo. E’ vero ci sarebbe il ritorno degli Strokes, ma non ci ha risvegliato gli ormoni, nè messo grandiosi sogni in testa, e in attesa di approfondire quello che la primavera ci sta lasciando ci salutiamo con Panda Bear.