1. La tua esperienza ci interessa particolarmente perché hai utilizzato una di quelle strategie innovative per trovare i soldi per produrre il disco, e cioè il crowfunding. Come ha funzionato? E come hai mobilitato le persone? La strada a volte aiuta insomma…
Sì, circa due mesi fa ho aperto una campagna di crowdfunding per provare a finanziare il mio primo disco di inediti in maniera completamente indipendente. Il risultato sta andando al di la di ogni aspettativa e si è chiuso quota € 10.000. Vivo suonando in strada da anni, ho cominciato in Europa, dove viaggiavo in autostop e passavo settimane intere con pochi spiccioli in tasca, poi sono tornato in Italia e ho cominciato a suonare anche qui. Credo che la forza di questo risultato sia l’aver sempre presento il mio progetto musicale con semplicità, coerenza e trasparenza. Penso che le persone, e io sono tra queste, abbiano una gran voglia di credere e supportare progetti del genere, soprattutto in un momento storico come è quello odierno… progetti veri, lontani anni luce dagli studi televisivi dei talent show, trainati esclusivamente dalla voglia di continuare a credere nei propri sogni.
2. Come si decide di essere un suonatore/cantante di strada?
È una di quelle cose che fai solo se la vuoi con tutto te stesso, con tutto il tuo cuore. Richiede coraggio, tenacia e tanta forza d’animo, poiché ti porta a metterti in gioco ogni giorno, con un carico di pressioni davvero non indifferente. Io ho cominciato così, mettendoci tutto il coraggio che avevo. Dopo essermi laureato (scienze politiche), mi sono licenziato e sono partito per girare l’Europa suonando.
3. Porti i soldi con te quando vai in giro oppure cerchi di campare quotidianamente con quello che guadagni? Insomma, ammettiamo che uno si svegli e parte per un’esperienza del genere, e che sia mediamente bravo a suonare e cantare: pensi potrebbe farcela?
Suonare in strada è la mia unica occupazione da circa tre anni. Ho cominciato partendo per l’Europa senza soldi, proprio perché il mio desiderio era proprio quello di provare a vivere soltanto di musica. E da allora continua ad essere così. Sì, assolutamente sì, ce la farebbe senz’altro. La strada premia sempre il coraggio, l’umiltà e il talento. Il punto però non è, secondo me, ce la farebbe o no. Ma a cosa sarebbe disposto a rinunciare. Vivere una vita del genere significa senz’altro tanta, tanta felicità, però significa anche portarsi appresso ogni giorno tante domande che non hanno risposta. Se un domani il corpo non reggerà più questa vita, da dove riparto? Potrò costruirmi una famiglia facendo questa vita? E tante altre
4. Estate o inverno, per viaggiare?
Assolutamente estate! Quest’estate per esempio ho dato vita a un lunghissimo road tour tra Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Campania e Sardegna. In inverno si fa molta più fatica a suonare, per quanto mi riguarda normalmente riesco a tenere fino a metà/fine dicembre, poi da gennaio a marzo vado in letargo.
5. Ma tu che rapporto hai con la musica indipendente? Mi riferisco alle etichette indipendenti, cioè ascolti i Coldplay – immagino – e che mi dici dei Pavement?!
In questo periodo ascolto principalmente Damien Rice, Glen Hansard, gli stessi Coldplay e i The Fray. Mi piacciono i Pavement, e ascolto anche band Primal Scream, Franz Ferdinand, Arctic Monkeys e The Hives. Seguo da sempre il panorama indipendente italiano, sono cresciuto a pane e Afterhours (credo di aver visto qualcosa come 70/80 concerti loro), uno dei primi dischi che ho comprato in assoluto è stato Mostri e Normali dei Tre allegri ragazzi morti, e tra le cover che suono in strada c’è Vieni a vivere di Dente.
6. Che percorso c’è per un cantante di strada in Italia e all’estero? Cioè, noti delle differenze?
Non così tante. Certo, in paesi come America, Australia, Inghilterra, Francia e Spagna ci sono molte meno difficoltà a livello burocratico e in generale la figura dell’artista di strada gode della stessa dignità di una qualsiasi altra professione onesta, ma il coraggio, la tenacia, la costanza, il mettersi in gioco tutti i giorni, quelle ci vogliono sempre, dappertutto.
7. Parlaci del disco “Le chiavi di casa mia”.
Sarà un disco semplice e sincero. In questi anni di vita on the road ho percorso moltissimi chilometri, tanti fuori ma ancora di più dentro di me. Ecco, con questo disco vorrei riuscire a raccontare proprio questo viaggio personale, “interno”, a trasformare le emozioni che ho vissuto in questi anni di percorso in canzoni. E per farlo non posso che lasciare a chi ascolta “le chiavi di casa mia”.
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