Gli aerei cadono, ma sono le rotte a essere sbagliate, nel nuovo triangolo delle Bermuda vicino a Kiev, non una flotta anti aerea che ha come compito sacrificare vite umane per potersi rendere alla storia senza essere responsabile di una nuova Cecenia. I ragazzi palestinesi inciampano nei bombardamenti, rei di una guerra che hanno ereditato perché il loro limone attraversava troppo quel sottile confine fra la pulizia etnica e il silenzio delle comunità. Offensiva necessaria. Perché la povertà spaventa più del terrorismo, e marcare il territorio e alimentare il terrore è la forma più funzionale ai conquistatori. Ma c’è il fatto che le resistenze non le pieghi, finché, almeno, non se ne saranno andati tutti e Israele potrà davvero brillare, felice finalmente di aver compiuto una personale vendetta da rendere al proprio Dio.
Mandatecele in Italia, le ragazzine, così che possano fare carriera senza che la giustizia segua il suo corso, o che, così, altri si possano lamentare. L’investimento sicuro per poter dar da mangiare all’opinione pubblica e ai nuovi carbonari perseguitati sotto il sole. Delle piccole Israele che costruiscono muri di separazione ce le abbiamo anche qua, solo che non fanno vittime importanti, da quando avere un’opinione è una stella di David da portare sul petto. Se ne parla sempre meno e si denuncia sempre di più chi, per uno strano motivo, si è fatto fuori da solo con la sua idea. Ma l’esilio di qualcuno era quello della resa di tutti. Alle promesse dei primi profeti del cambiamento che poi abbandonava al potere, all’immunità, ai patti con discutibili personaggi, al votare oggi e dimenticarsene domani, alla povertà che finché non tocca a te non esiste. Ho visto un neonato circondato dai lupi, ho visto un’autostrada di diamanti, ma non c’era nessuno1. Perché siamo nel mezzo della tempesta e non ce ne siamo resi conto, o forse i nostri ombrelli ci coprivano ancora abbastanza.
Se la questione è chiudere un impianto e morire di fame, o lasciarlo aperto e morire di cancro, la scelta non è poi così scontata. Che alcuni ci finiscono in mezzo senza nemmeno essere figli di operai, allora tanto vale credere in qualcosa. Non si esce da lì, dalla guerra separatista in un paese che alle signorie ci è già tornato ma che ti lascia il gusto di scoprirlo da solo. Nel fatto che essere faccendiere e le relazioni pericolose sono tornate dal romanzo di Laclos in televisione e fanno più audience. E che anche se non sai chi fosse Mandela fa bello dire che è scomparso un anno fa e ti ha insegnato che in Sud Africa non ci sono solo bianchi. Quando il sole della cultura è basso, i nani hanno l’aspetto di giganti2. Qualcosa da imparare, ad esempio come stare al mondo, c’è sempre. Ma non sai poi come comportarti per davvero, se davvero non c’è spazio per muoversi e l’unico mezzo si è rilevato soltanto scegliere una formazione che non hai nemmeno eletto.
Non bastava più informarsi, lottare, soccombere ed essere relegati da una parte, perché sapere tutte queste cose ci ha fatto sentire solo dei carrarmatini nel Risiko personale di qualche grande azienda, in balia del gioco dei dadi di chi scioccamente credevamo di poter controllare. Stringerci, forse, ci avrebbe salvato, in qualche modo, se non altro dalla solitudine che avevamo creduto di meritarci. Ma la coscienza non era sbagliata, prezzo dovuto a chi non se la poteva permettere, perché la musica è oscurata dagli strilli delle sirene anti atomiche, dai gridi della giustizia, dal rumore che fa un aereo che si schianta al suolo.
Il triangolo delle bermuda di quest’estate calda, che fa vertice a Kiev, Gaza e le sedi di un tribunale, non è una novità. Il problema è chi ci si ritrova in mezzo e ha le interferenze che non sa più da che parte guardare. All’esterno c’è solo caos e cassonetti della spazzatura incendiata. C’è sempre tempo per un selfie con la catastrofe, e i poveri abitanti spaesati del luogo a cui più nessuno chiede di fare le foto con i monumenti, perché tutti fanno da soli anche lì rimane solo ricordare i bei tempi in cui ognuno aveva il suo ruolo. Quello dei palestinesi silenziosi a soccombere, dei paesi dell’est sotto l’Urss e dei potenti che potevano agire senza rendere conto a nessuno. Tempi che poi, tutto sommato, non sembrano mai passati.
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1A hard rain’s a-gonna fall, Bob Dylan
2Karl Kraus,