Ricordo l’otto gennaio 2011 come un giorno nel quale pensai “porca miseria” ripetutamente, con un po’ di ossessione dettata dallo sgomento. Ero incollato sulle pagine degli svariati quotidiani on-line che si rimbalzavano le poche informazioni in tempo reale che arrivavano, anche loro un po’ sgomenti. Una sola cosa si sapeva con sicurezza: Gabrielle Giffords era stata sparata alla testa, in pubblico e in pieno giorno, da un uomo inizialmente non identificato con una semiautomatica in mano. La morte della deputata è stata proclamata e smentita più volte, ad un ritmo talmente frenetico che a qualche giornalista è scappato pure un “non si sa”. La stampa scalpitava in attesa della notizia in cerca di share e/o visualizzazioni, i media erano già pronti a seppellirla per poter fare dirette e contro-dirette, speciali e contro-speciali e guadagnare pubblico commosso e voyeuristico. Per una qualche strana coincidenza del destino o forse per puro culo, la Giffords si salvò e le altre vittime furono trattate come un semplice numero: “il bilancio è di cinque morti e diciannove feriti” strillarono i columnist, ma di loro e della loro storia si seppe poco o nulla. Venuta a mancare la tragedia mediatica della morte di una deputata democratica, tutto ripiombò nel dimenticatoio, nei magazzini in cui i telegiornali conservano i propri videotape ad ammuffire, nelle cantinole dove i quotidiani stipano copie archiviate dei propri numeri e, di conseguenza, i membri dell’NRA erano liberi di ballare festosi con le loro coppe di champagne tracotanti (come al solito). Oggi forse ballano un po’ di meno dato l’attacco della stessa deputata alla lobby delle armi ma a questo ci arrivo tra poco.
Gabrielle Giffords non è esattamente una deputata tipica. Il suo ruolo all’interno del suo partito è particolare, appartiene infatti a quella corrente interna al “Democratic Party”denominata “Blue Dog”: tale corrente è quella che si pone spesso come “moderata” o “conservatrice”, al confine tra i due schieramenti maggiori e che tenta una mediazione tra i Democratici e Repubblicani (niente a che fare con le dinamiche “centriste” peculiari della nostra italietta) al fine di trovare intese su questioni controverse. Per quanto riguarda il suo pensiero, per descriverlo probabilmente da noi non useremmo il termine “conservatore” (solo Monti lo userebbe). Infatti è tra i firmatari e ideatori della legge sanitaria che è stata approvata poco dopo l’elezione di Barack Obama (detta giornalisticamente “Obamacare”), la quale ampliava – seppur in minima parte e le critiche non sono mancate – la fascia di popolazione a cui venivano garantite le cure mediche. Questa è senza dubbio la sua iniziativa più famosa anche all’estero ma il suo operato non si era certo fermato lì. E’ sostenitrice della “libera scelta” per quanto riguarda l’aborto, si è espressa a favore della ricerca sulle cellule staminali e soprattutto, rullo di tamburi, ha più volte ribadito con forza la necessità di aumentare il salario minimo: a Joseph McCarthy sarebbero venuti sei infarti multipli. Macchia finale: è ebrea. Per chi è antisemita – o semplicemente per chi è un credulone webbarolo e ce ne sono a trilioni e a quanto pare il killer apparteneva ad uno di loro – gli ebrei sono quella particolare categoria di persone che posseggono tutto, dalla finanza alle banche, dal potere al prestigio e fanno tutti parte di un complotto giudaico-massone. Per chi non lo è e soprattutto per chi non basa la sua conoscenza su video caricati su youtube da chiunque, sono semplicemente credenti in una religione che fa riferimento al vecchio testamento (oltre ad essere vittime del razzismo di ogni epoca).
Quando la deputata votò a favore nel togliere gli “aiuti” economici alle aziende petrolifere firmando per assegnarne altri alle compagnie di sviluppo per l’energia sostenibile, Sarah Palin – deputata repubblicana nota per le sue posizioni estremamente indefinite e spesso e volentieri contradditorie (specie per quanto riguarda l’omosessualità e le questioni di genere) – ne inserì il nome nella “black list” del suo sito. La lista era definita con il sottotitolo di “persone da eliminare politicamente” e dopo l’attentato si scatenò un putiferio infernale che costrinse la repubblicana ad eliminare dal sito la sua lista. Effettivamente non è proprio il massimo del savoir-faire mettere un elenco di nomi online sotto la voce Black-List, a me ricorda vagamente le SS o le liste staliniste dei contadini dissidenti.
Passando alla disamina dell’esecutore materiale, il suo nome è Jared Lee Loughner, un influenzabile ventiduenne con il chiodo fisso della teoria del complotto. Un amico dichiarò che era letteralmente ossessionato dal documentario Zeitgeist: The Movie, credeva nell’apocalisse del 2012 e nelle dicerie webbarole sul New World Order. Un ragazzo che si definiva un “radicale”, i cui libri preferiti erano contemporaneamente il “Mein Kumpf” di Hiltler e “Il Manifesto del Partito Comunista” di Marx, che ebbe vari problemi di personalità e , soprattutto, che ebbe la sfortuna di crescere in un luogo dove le armi le trovi al supermercarto. La ricetta perfetta per la distruzione. Parte del suo pensiero inoltre è ancora presente online, reperibile al suo canale youtube “Classitup10” ed è riassumibile in questo video introduttivo creato da egli stesso:
Voleva il ritorno al Gold Standard e farneticava riguardo ad alcune teorie di “controllo del pensiero”. Accusava la Gifford di essere un “fake”, una finta sostenitirice di alcune istanze ed era convinto che la deputata non volesse che le cose cambiassero davvero, che prendesse in giro gli elettori. Appresa la notizia che si trovava a Tucson per un evento pubblico, si procurò una Glock 9 millimetri e aprì il fuoco senza pensarci troppo, e non solo su di lei ma su altre persone che poco o nulla c’entravano con il suo fare politica. “Collaborazionisti” potrebbe aver pensato, nella mente di un complottista potrebbe passare per vera qualunque scintilla vagamente connettibile.
Oggi Gabrielle Giffords torna sulle pagine dei giornali, stavolta non per una strage – meno male, ci tengo ad aggiungere – ma per sostenere Barack Obama ad accellerare sulle promesse fatte riguardo ai provvedimenti contrari alla liberalizzazione delle armi. Forse dovrei dire “per pressarlo” perché dalla strage di “Batman” a quella della scuola del mese scorso non sono stati fatti altro che proclami. Il progetto della Giffords, lanciato oggi, si chiama “Americans for Responsible Solutions” ed è finalizzato al “raccogliere i fondi necessari a bilanciare l’influenza della lobby delle armi”, scrive la stessa deputata – con il marito, l’astronauta Mark Kelly – sull’USA Today. Non è una cosa da poco dato che l’influnzabilità delle lobby nella politica (che si traducono in votazioni di legge in seduta di approvazione) si misura in dollari, o ,per usare un termine più generico ma contemporaneamente più pregnante, in “capitale”.
Questo fatto ci insegna un paio di cose sul complottismo, sul voler vedere necessariamente il marcio ovunque, sul qualunquismo e sulla validità scientifica di certi documentari o video-clip pieni di teorie strampalate caricati su Youtube da chiunque, ai quali la gente spesso e volentieri crede ciecamente. Se inoltre in mano alla gente ci metti anche le armi così facilmente, questo è il risultato: una deputata democratica che si batte contro le società petrolifere viene sparata alla testa da un ragazzo convinto che tutto sia funzionale alla creazione del nuovo ordine mondiale.
Poche cose sono così grottesche. Forse nessuna.