In una Los Angeles del futuro Theodore Twombly (Joaquin Phoenix) è un uomo dolce ed introverso, lavora per una compagnia che si occupa di scrivere lettere per conto di altri e sta tentando di superare la fine di un amore, finchè non s’imbatte in lei. Lei: tre lettere che potrebbero far pensare a tutto meno che ad un sistema operativo. Un software di nome Samantha, con la voce di Scarlett Johansson (il doppiaggio italiano di Micaela Ramazzotti ha destato non poche perplessità), talmente sofisticato da essere in grado di elaborare sentimenti ed emozioni. Theodore e Samantha sviluppano un rapporto sempre più intenso fatto di ascolto e complicità e finiranno con l’innamorarsi l’uno dell’altra.
Spike Jonze racconta un orizzonte non troppo lontano in cui l’intelligenza artificiale va di pari passo con quella umana, ma soprattutto un orizzonte in cui i rapporti umani si sgretolano per lasciare spazio ad una solitudine ancestrale. La sceneggiatura, appena premiata dall’Academy e lontanissima dagli schemi narrativi classici, sviluppa questo tema in varie direzioni ed al contempo esplora delle emozioni senza tempo e delle dinamiche relazionali presenti in qualunque coppia.
La solitudine viene descritta attraverso gli spazi privati in cui si svolge quasi la totalità della vicenda, attraverso il rifiuto di Theodore di frequentare una donna in carne ed ossa, soprattutto nel momento in cui questa manifesta l’intenzione di avere una relazione seria, e dal desiderio disperato della donna che funge da surrogato sessuale di essere parte di un rapporto percepito come assolutamente puro ed autentico rispetto a quelli tradizionali.
Dall’altro lato assistiamo invece all’incontro fra due mondi, l’uno dotato e l’altro sprovvisto di un corpo ed un vissuto, con tutte le incertezze, le paure e le fragilità che inevitabilmente si accompagnano alla nascita di un amore. Ed è su questo che si concentra maggiormente l’attenzione di Jonze, che sceglie di spostare il focus sui sentimenti più che sull’elemento fantascientifico.
Scenografia, costumi e fotografia lavorano su questo versante andando contro i cliché dell’estetica del cinema di fantascienza e ricreando invece un mood estremamente morbido. Non vi sono colori freddi o architetture futuristiche ma anzi c’è quasi un gusto retrò sia nell’arredamento che negli abiti indossati. A tal proposito è meritevole di menzione anche il lavoro svolto dalla colonna sonora, ad opera di Arcade Fire, Owen Pallett e Karen O.
In definitiva Spike Jonze ha saputo raccontare con delicatezza ed intensità una storia d’amore decisamente atipica, allontanandosi da facili stereotipi ed evitando di mettere sotto accusa il progresso tecnologico.