Sarò sentimentale come una corda di violino, e viscerale come un qualche detective selvaggio, perciò si sconsiglia la lettura a chiunque si senta troppo preso da se stesso oggi, 7 Novembre 2012, troppo preso dai suoi guai personali, dal chiacchiericcio moderno, e dal canto dell’usignolo sopra la propria testa; nonchè ai filo-esistenzialisti di bandiera, ai mercanti dell’anti-ismo a tutti i costi, alle madri inquiete che pensano solo al proprio conto in banca, ai nixoniani, ai duri e puri col ferro di cavallo in cantina; se hai mal di testa non leggere, se ti fa male vivere non ne parliamo, se Barack Obama costituisce per te un meraviglioso esponente dell’arroganza americana, un alto traditore dei tuoi ideali, o credi in un qualche dio assoluto, e ti piace star seduto a cavalcioni sul tuo letto a domandarti quant’è grande l’America e quanto sarebbe bello viverci, ma non fai i conti con chi la vive, se New York è solo una grande idea vaga, se non ti emoziona Martin Luther King, e le grandi rivolte sociali, e la nascita della new wave, e il CBGB, e le proteste contro la guerra in Vietnam, e le minoranze fregate di continuo, e lo spirito della poesia americana, il Guggenheim e certi quadri deliranti di Jackson Pollock; se ti piace la critica, e la vivi con perspicacia, se sei appena caduto in disgrazia mentale, e ti senti il caos ruggire dentro, ma questo caos non ti porta che a pensare che Novembre sia un mese offensivo e freddo, allora non leggere.
Barack Obama ha vinto, e ci saranno ancora 4 anni obamiani. Questa non è un’agiografia presidenziale, o una di quelle faccende di cronaca dove si scaveranno i risultati: si dirà semplicemente e anzitutto che è una fortuna che Mitt Romney non abbia vinto. Abbiamo attraversato (2000-2008) due mandati di un certo Bush Jr. nel corso della nostra esistenza, e ne ricordiamo la follia mondiale che ne è venuta fuori: Guantanamo (che Obama non ha chiuso, pur avendo firmato l’ordine di smantellamento del campo di prigionia) e gli atti di sicurezza nazionale che sono entrati intimamente nella vita dei cittadini, le peggiori intenzioni sull’esportazione della democrazia, i discorsi retorici, il puzzo di morte e sangue, le bugie. Otto anni di Bush Jr. che si sono fatti sentire, come se una cappa di orrore avesse rapito il mondo: e non è vero che non riguardava anche te, madre di famiglia, o te e te, son cose che si vivono sottopelle, perché quello che succede in America ci arriva diretto, com’è arrivato Facebook, quello che oggi usi per comunicare, strappando cents alle compagnie telefoniche. Arrivano anche le conseguenze di certe decisioni politiche, è il motivo (no?) per cui te ne andavi scorrazzando alle manifestazioni di guerra e di pace, è il motivo per cui hai cercato di prendere posizione alle elezioni della tua zona, è il motivo per il quale Mitt Romney non doveva vincere. E non perché fosse un mormone, ma per tutta la serie di revanscismi e retroterra culturali di cui il mondo non ha bisogno, soprattutto in questo momento storico. Non abbiamo bisogno di nuove lotte e di nuovi contrabbandi internazionali, non abbiamo bisogno della paura o della diffamazione, non abbiamo bisogno di un’America che fa sentire il suo peso morale, che chiaramente sarebbe anche una morale sprezzante e autoglorificata, con tutta quella retorica del God, e del faro di luce internazionale, e della sicurezza nazionale. Preferiamo quando dall’America arriva qualche piccola buona nuova: tipo che c’è una ragazza americana che riesce a pagarsi la retta dell’università senza indebitarsi, che chi ha perduto la sua casa ne ha trovato un’altra, che il tasso di disoccupazione sta scemando, e che un povero può curarsi in un sistema sanitario decente. Visto lo sprezzo di alcune fasce sociali ed economiche di Romney e di gran parte dei conservatori americani, del Tea Party in crescita, con la vittoria dei repubblicani queste piccole idee di correzioni sarebbero finite nel dimenticatoio. Si sarebbe respirata aria di conflitti internazionali al retrogusto di tensioni iraniane. Si sarebbe respirata la cappa anti-individuale, cosa che fa specie per persone che vogliono restare libere di coltivare i propri interessi.
E qui entra in gioco anche la questione strettamente ‘statalista’, o ‘socialista’. Esistono una serie di diritti che vanno assicurati dall’alto, come quello dell’assistenza sanitaria: perché il mondo sognato da Adam Smith, con tutti gli interessi che vanno a integrarsi tra loro se lasciati liberi di esprimersi, è ancora più utopico di quello di Karl Marx. Ah, come sarebbe bello se il mercato sapesse auto-regolarsi, ma non è così, e non sarà mai così: e ci saranno sempre di mezzo le correzioni, le pressioni delle ‘’majors’’, i vincitori e i vinti, e ne abbiamo una riprova storica semplicemente guardandoci intorno e osservando come stanno andando le cose. Il neo-liberismo ci ha provato a farsi maestro del mondo, ed ha fallito miseramente. La società dal facile consumo pure, con tutti quei prestiti concessi a mal rendere. E non possiamo non dirci consumatori e complici, pur con tutto l’animo pseudo-rivoluzionario dei casi, e poi del resto siamo nel torto marcio?chi stabilisce il confine? Continuo a credere che l’importante sia coltivare i propri spazi di libertà, cioè la possibilità di poter scegliere cosa fare della propria vita, la possibilità di dare spazio ai propri interessi, la libertà di scegliere chi amare, dove vivere, con quali mezzi. E in questo concetto minimo chi invita a pensare che ognuno è meritevole delle proprie disgrazie, invece di stimolare le persone a rimettersi continuamente in gioco, è controproducente; chi invita ad alzare il dito, a colpevolizzare, a giudicare, a gridare lezioni di etica, è controproducente. Come dice Franzen, la gente si attacca ai propri spazi di libertà, fosse anche la libertà di uccidersi col fumo, e difende tutto questo coi denti. Facciamolo. E vediamo se avremo, con Barack Obama, la libertà di farlo meglio.