Tempo di bilanci per il 2011 della musica italiana, tante le nuove uscite, tante le rivelazioni e le conferme, un anno ricco, riassunto nella nostra Top Ten, che vede in perfetto equilibrio, band giovani e alle prime esperienze discografiche confrontarsi con gli ormai grandi nomi della tradizione indipendente italiana.
I giochi sono fatti, ecco la classifica, cliccando sulla copertina potrete ascoltare un brano contenuto nell’album in questione.
Enjoy!
#10.
News For Lulu
They know
Urtovox
Un disco semplice, ricercato, che non rinuncia a mostrare i contenuti, seppur velati da un’irresistibile leggerezza.
#9.
Dente
Io tra di noi
Ghost Records
La maturazione di Dente: a metà strada tra Battisti e Dalla. Un album leggero, ricco di melodie e giochi di parole. La nuova tradizione della canzone italiana.
#8.
Paolo Benvegnù
Hermann
La pioggia dischi
Un disco sull’uomo: la sua storia, le sue debolezze, i suoi sentimenti.
#7.
The Death Of Anna Karina
Lacrima/Pantera
Unhip Records
Violenza e carnalità. Le parole, urlate, completamente in italiano, figlie di Brecht e Beckett.
Perfezione per stomaci forti.
#6.
Be Forest
Cold
We Were Never Being Boring
L’esordio della band di Pesaro rielabora la lezione new wave. L’espressionismo in un alito di freddo.
#5.
Zen Circus
Nati per subire
La Tempesta
Il paese che sembra una scarpa, raccontato attraverso le storie di tutti i giorni. Il canto nero del presente italico.
#4.
Giorgio Canali
Rojo
La Tempesta
Il delirio poetico dei novanta che si spoglia per diventare divinità alternative.
#3.
I Cani
Il sorprendente album d’esordio dei Cani
42 Records
L’esordio più chiacchierato dell’anno. Un concentrato di synth pop suonato con attitudine punk. Testi al vetriolo. Il dono dell’immediatezza.
#2.
A Classic Education
Call It Blazing
La Tempesta International/Lefse
La conferma del talento della band bolognese. Un disco che insegna agli stranieri che anche in Italia si può fare rock di qualità.
#1.
Verdena
Wow
Universal
Un classico moderno. Epico e monumentale. Un disco che trasuda elettricità, che macina riff alla King Crimson, degni della migliore tradizione progressive e li gondia di melodie alla Beatles, rimanendo pur sempre un album dei Verdena.
Disco dell’anno.