Giri di basso circolari, album circolare, così come il cerchio descrive ontologicamente la mistica voodoo; piega l’umano nel divino e viceversa in un tripudio di balli estatici ed ancestrali. La logica dell’essere al di fuori di sé, ex statis appunto, e la poetica della comunione rituale. Chi ha seguito la misteriosa vicenda dei Goat fin dal primo album sarà anche a conoscenza della leggendaria storia che lega Korpilombolo, villaggio svedese di cui la band vanta di essere originaria, alle pratiche voodoo che, scacciate da un eccesso di civiltà, ritrovano giustizia e vigore in forma di musica. Anche questo album, come il precedente, si piazza al di sotto dell’equatore, sorprende per la lucida seppure atipica descrizione della cultura meridionale spaccata fra ortodossia e superstizione. Di glaciale permane solo l’oscura estetica che avvolge nel mistero l’immagine di ogni singolo componente, nonché le lettere del logo, prese in prestito dal black metal scandinavo.
Così come in World Music anche Commune disorienta l’ascoltatore con numerosi riferimenti geografici e sociali: le tematiche rimandano alla kosmische musik e ai deliri dell’ultima new age senza mai scadere nelle banali semplificazioni esoteriche proprie della dominante cultura occidentale; i suoni, i timbri e le melodie sono evidentemente legati al rock psichedelico degli anni settanta; la sovrapposizione di più componenti ritmiche e gli strumenti di estrazione indigena riproducono battiti tribali che conferiscono alle nove tracce del disco l’andatura tipica della musica afro.
Nonostante le numerose affinità fra i due lavori Commune si distingue per tracce strutturalmente meno immediate rispetto alla forma canzone adottata nel disco precedente. Ne risente la leggerezza dal gusto quasi tropicale a cui eravamo abituati, sostituita a favore di una maggiore introspezione che non tarda mai nello sfociare in violente sessioni distorte. Il risultato è un’opera densa e passionale, di sicuro genuina e frutto di un’ispirazione autentica, che alterna episodi interessanti ad altri eccezionali.
L’apertura e la chiusura sono affidate a due composizioni esplosive che faranno la felicità di chi ama la psych music di ottima qualità; in comune hanno il suono vibrante come di una campana tibetana che rispettivamente apre la prima e chiude la seconda, come a voler annunciare l’inizio e la fine di un rituale.