Sembra che il destino dell’Italia sia quello di essere eternamente raccontata dagli altri, da quelli che non ci vivono perché, fondamentalmente, noi siamo troppo impegnati ad invidiare chi al suo interno ci dice la verità per credergli. Per questo l’idea di Bill Emmott ed Annalisa Piras (italiana ma da tanto tempo all’estero) è destinata a funzionare. Il loro Girlfriend in a coma non è un semplice documentario ma il dramma di una lenta, e dolorosa, eutanasia nazionale: «La mia bellissima fidanzata è in coma, ed è terribile stare a guardarla». È la storia in tre atti dell’Italia che viviamo tutti i giorni, il paese del malaffare (la Mala Italia), quello dell’eccellenza (la Buona Italia) e quello delle speranze di rinascita. Il risultato è buono, ma difficile, essenziale per un paese a pochi giorni dalle elezioni e dal futuro sempre più incerto. È, però, un risultato da prendere con le pinze, che paga l’osservazione esterna con scelte discutibili, lontane dalla realtà e spesso deboli, ma che fanno ben comprendere l’idea che si fanno all’estero di noi e, si sa, un inglese su certe questioni non scherza mai. Fatto sta che, qui, la verità è il boccone più amaro da buttare giù, si comprende bene perché il Maxxi di Roma abbia deciso di spostare l’anteprima dopo la tornata elettorale, quando sarà già troppo tardi per ripensarci.
Emmott ci accompagna nel nostro paese servendosi della Commedia di Dante, metafora altamente utilizzata ma sempre valida, forse perché ancora non siamo riusciti a riportarlo dal paese dell’ignoranza in cui l’abbiamo esiliato, e ci calza a pennello. Si susseguono immagini, dati, denunce, tutto quello che ogni italiano conosce ma non vuole sapere, perché è scomodo, perché fa male. C’è l’Ilva, l’assassinio di Falcone, la nostra televisione, Berlusconi ma, soprattutto, ci siamo noi a processo, quelli che l’Italia la vivono. Emmott ci vuole dire che, la Mala Italia, non è solo di quelli che l’hanno affossata, corrompendola e ottenendo il potere, ma anche di quelli che ci vivono, definiti con molta provocazione ma tanta sincerità, degli ignavi. Quelli dalle belle parole ma che, poi, non fanno nulla. Un po’, sotto molti aspetti, come chi scrive. Girlfriend in a coma ci mostra i dati che, di nuovo, crediamo di sapere alla perfezione ma che, ogni volta, ci sorprendono. Il numero delle morti per violenza domestica o la preoccupante situazione della libertà di stampa, cose che si sanno ma che è giusto ribadire. Gli scenari e le illustrazioni, poi, sono dei virtuosismi che danno a questo documentario una dimensione ricercata, non solo quella di una inchiesta lodevole. Lo spettatore straniero ne è assorbito, coinvolto, riesce ad apprezzare l’unica cosa che, nonostante tutto, in questo paese ci rimane: la bellezza. Lo spettatore italiano, invece, è costretto a pensare, di questi tempi un’abitudine della minoranza.
Un punto importante di questo racconto lo assumono le testimonianze. Vengono invitati a partecipare i grandi nomi della nostra contemporaneità, le vere eccellenze, spesso sconosciute. I racconti degli italiani all’estero, i cosiddetti “cervelli in fuga”, fanno venire i brividi, perché davanti al loro successo viene da chiedersi se non saremo noi i prossimi. L’empatia con i loro sentimenti, soprattutto con le loro parole di speranza, è inevitabile. Ma ai virtuosismi stilistici e al distacco che predomina lo stile giornalistico si inserisce, purtroppo, una valutazione troppo personale e che delude un po’. Mario Monti viene presentato come l’unico salvatore di questo declino e Sergio Marchionne come un martire, elogiato all’estero e bistrattato in patria. Questo è l’unico limite di un’inchiesta che proviene dall’estero, che non conosce troppo la profondità italiana e le persone. Ricorrono i grandi nomi, Roberto Saviano, Emma Bonino, gli improbabili Renzi e Grillo. Troppo poco invece, soltanto due o tre volte, i semplici cittadini, quelli che subiscono tutto ciò che li circonda, quelli che pagheranno davvero la caduta italiana. Per questo è un documentario che va preso con coscienza di sé, per non farsi confondere dalle parole, sagge ma personali, degli autori, che devono creare dubbi e non un consenso.
Girlfriend in a coma è un’inchiesta fondamentale, che tutti dovrebbero vedere. Perché deve fare male, perché deve far capire che la sola bellezza non ci salverà, perché deve dare coscienza a chi andrà a votare questo weekend. Emmott ce lo dice nel finale, con parole che devono far riflettere: «L’Italia non è la storia dell’Euro, di debiti o di criminalità. È la storia di un potenziale incredibile che viene sprecato e del fallimento nazionale nel non riuscire a porvi rimedio. L’Italia deve svegliarsi, o diventerà uno sgangherato parco turistico. Anche tutti noi occidentali siamo in declino, abbiamo lasciato che l’immoralità di alcuni danneggiasse tutti, nella nostra ignavia dantesca. Dobbiamo avere il coraggio di dire: “Basta!”, o avremo commesso il peggiore dei peccati: tradire i nostri stessi figli.»
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Il link per vedere il film (disponibile a pagamento anche su L’Espresso):
http://girlfriendinacoma.eu