We Are The 21st Century Ambassadors of Peace and Magic è ufficialmente l’album d’esordio dei Foxygen, séguito del precedente Take The Kids Off Broadway che, sebbene di lunghezza pari a questo, pare fosse solo un EP, ma quel che conta è che questo nuovo lavoro rivela già con il tiolo la sua essenza. I Foxygen, nonostante la giovanissima età, si disinteressano di quanto uscito dalla seconda metà degli anni ’70 in poi e si propongono di traslare nel nuovo millennio uno spirito, più che dei meri stilemi, importato ancora fresco da un’era ideale di pace e magia, quella dei Kinks e del sunshine pop, dopo i Beach Boys e prima di Ziggy Stardust. Lo fanno con 9 pezzi di assoluto revival, ma nel senso sincero e in qualche modo valoroso del termine, con un appeal in più episodi Jagger-esco ed un andamento druggy, assopito e dinoccolato di marca Lou Reed, oscillando tra classicità e clichés in un universo di sensibilità nostalgica pieno di immagini tipiche del pop allegro e psichedelico di fine anni ’60.
Dopo l’inizio Beatlesiano, deviano sull’andamento folk di No Destruction, trascinata e pungente come Dylan (non puoi non sorridere a “There’s no need to be an asshole, you’re not in Brooklyn anymore”), dopodiché On Blue Mountain è un esercizio esemplare di produzione classica, autenticamente rétro, uno dei migliori arrangiamenti del disco per un pezzo con il soul, ma non priva di un elemento deviato e psichedelico discreto ma caratterizzante, come fosse Syd Barret, come non riesce più a molti da molto tempo. La successiva San Francisco vanta delle backing vocals irresistibili e, ancora una volta, un songwriting invidiabile, progressioni d’accordi ovviamente già sentite, ma senza dubbio efficaci. Lo stesso può dirsi per Shuggie, in cui, come già in On Blue Mountain, i cambi di tempo e registro sono agili e spontanei e non si rimpiange nulla dei pruriti low fi di Take The Kids Off Broadway, in favore di maggiore sicurezza e misura acquisite, confermate nel groove e negli hooks in falsetto di Oh Yeah e nel cambio di tema che abbiamo nel finale con la title track; un blues tendente psych che già strizza l’occhio al proto punk degli Stooges e che lascia poi il posto alla chiusura d’atmosfera di Oh No 2.
La proposta è certamente varia e il disco somiglia a tratti ad una vecchia compilation per l’inorganicità complessiva, ma il songwriting è forte e i pezzi presentano, in ogni singolo episodio, una dinamica fuori dal comune, a conferma di un impegno creativo, se non innovativo, certo mai pigro, reso con arrangiamenti dettagliati, fedeli dal punto di vista revivalistico, ma mai deludenti quanto a personalità ed eccentricità, in modo da conferire ai Foxygen quell’autenticità che è, alla fine, il discriminante tra un lavoro di qualità e stile, come questo, ed un ennesimo compitino derivativo senza molto significato, ma di quelli se ne vedono già un po’, mentre questa, se anche fosse una vecchia compilation, sarebbe di quelle belle.
Jagjaguwar, 2013