E’ un film kitsch perché racconta un personaggio eccessivo, ma il cattivo gusto che si attribuisce al termine in questione è lontano dall’opera di Soderbergh. Liberace è stato uno degli uomini di spettacolo americani più stravaganti di sempre e fino alla sua morte ha voluto nascondere la propria omosessualità in un periodo in cui l’opinione pubblica non ammetteva in alcun modo tale modo di essere. Dietro i Candelabri ha un fascino particolare perché se da un lato non riesce a fare a meno di amplificare le atmosfere colorate e lussuose (nonché lussuriose) della Las Vegas a cavallo degli anni ’70 dall’altro definisce e scolpisce le sofferenze emozionali di chi non vuole/può vivere i propri sentimenti alla luce del sole e si trova vittima e carnefice delle sue scelte estreme e affettivamente controverse.
Nell’estate del 1977 Liberace conosce il giovane e affascinante Scott Thorson e, nonostante la differenza di età e l’appartenenza a mondi decisamente lontani, i due saranno amanti per 5 anni. Il film è la storia di questa stupefacente relazione amorosa, dal primo incontro in un teatro di Las Vegas all’amara separazione finale, ed è tratto dal romanzo Dietro i Candelabri – La scandalosa vita di Valentino Liberace, il più grande showman di tutti i tempi.
Ma chi era Liberace? Wladziu Valentino Liberace (il nome all’anagrafe del musicista nato in America da padre italiano e madre polacca) ha rappresentato in scena come nella vita privata tutto l’eccesso, il glamour e il kitsch che solo uno showman come lui poteva permettersi negli anni Cinquanta e Sessanta: pianista virtuoso, intrattenitore eccentrico e figura appariscente sia sul palcoscenico che in televisione. Liberace è stato il primo vero performer famoso in tutto il mondo, con il suo stile ha affascinato un pubblico sterminato per tutti i 40 anni di carriera ed è sicuramente stato ispiratore a livello estetico di artisti come Elton John.
Steven Soderbergh ha avuto l’idea di questo film sul set di Traffic: un giorno, a riprese ferme per problemi tecnici, davanti alla troupe Michael Douglas, interprete nonché produttore di quell’opera che regalò l’Oscar per la regia a Soderbergh, improvvisò l’imitazione di Liberace facendo ridere ma sopratutto lasciando a bocca aperta tutti. E in effetti l’elemento più sorprendente di Dietro i Candelabri è il protagonista: Michael Douglas è mostruosamente bravo, il suo Liberace è un’icona al troppo, nell’andatura, nella parlata, nello sguardo, ti viene in mente che solo un grande attore può avere la capacità di interpretare con la stessa bravura personaggi agli antipodi come Gordon Gekko (Wall Street) e Liberace.
Non da meno l’interpretazione di Matt Damon nei panni di Scott Thorson, il compagno di Liberace per i 5 anni narrati dal film; l’attore è al limite della perfezione principalmente nei duetti con Douglas e la tenuta scenica anche in situazioni come quelle più intime tra i due impreziosisce una performance che per personaggi così bizzarri poteva diventare più vicino alla macchietta che alla verosimiglianza. Parlando dei ruoli di contorno si meritano un plauso i bravissimi Dan Aykroyd e Rob Lowe, entrambi irriconoscibili.
Meticoloso nei particolari (molte delle location del film sono i luoghi reali degli eventi della vita di Liberace e Scott Thorson), egregio nella tecnica registica, Steven Soderbergh è il classico autore che non si lascia inquadrare facilmente perché se all’esordio sconvolse tutti con Sesso, Bugie e Videotape con il passare degli anni ha avuto la capacità di conquistare Hollywood e i botteghini con la saga degli Ocean’s (Eleven, Twelve, Thirteen), e con il discreto Erin Brockovich, girare opere totalmente indipendenti e molto interessanti come Full Frontal e Bubble, rischiare la “scomunica” e il fallimento con progetti maestosi e da rivalutare come il biopic in due parti su Che Guevara, avvicinarsi al capolavoro con l’ottimo Traffic e cercare negli ultimi anni di mischiare i generi non sempre con buoni risultati con titoli come The Informant, Contagion, Effetti Collaterali e Magic Mike.
Con l’ultimo lavoro, Dietro i Candelabri, Soderbergh ha sicuramente confermato la sua bravura e non è riuscito a rimanere lontano dalle polemiche e dai rischi visto che gli Studios hanno rifiutato non solo di produrre ma addirittura di distribuire la pellicola tanto che negli Stati Uniti la diffusione è avvenuta grazie al canale televisivo via cavo HBO. Il titolo del film descrive la caratteristica principale che contraddistingueva i concerti di Liberace che suonava avendo sempre dei candelabri sul suo pianoforte. Liberace è morto per AIDS nel 1987 e se fosse ancora vivo dopo aver letto le ultime righe avrebbe senz’altro precisato “io non faccio concerti…metto su spettacoli!”.