Totò Ligresti. Con un nome così, doveva essere per forza siciliano, ma con una storia come la sua doveva per forza vivere a Milano. Imprenditore edile, entra nelle scene della cronaca sin dai tempi di Tangentopoli, ovviamente intricato in tutta la scena urbanistica della Milano da bere come l’Expo. La Milano sognata da Ligresti? Un tunnel per eliminare il traffico e tanti grattacieli in superficie. La Milano che sognava Macao? Tutta un’altra storia.
La Torre Galfa è diventata un simbolo in questo senso, un grattacielo di 109 metri acquistato nel 2006 proprio dal gruppo di Salvatore Ligresti, la Fondiaria Sai, una torre abbandonata da 15 anni che i giovani milanesi (e non) hanno provveduto a rimettere a posto. Nella torre di controllo di Macao si lavorava, qualcuno racconta di giovani che lasciavano gli stage sottopagati a 300 euro per andare a lavorare gratis con la speranza di cambiare qualcosa e mobilitare le forze cittadine. Non era la prima volta che i ‘‘lavoratori dell’arte’‘ occupavano uno spazio, è già successo nel caso del Teatro Valle a Roma, del Garibaldi a Palermo, e dell’ex-asilo Filangieri a Napoli, però la situazione a Milano aveva avuto più visibilità, e gli attivisti ci tenevano a sottolinearne le differenze: per la prima volta si occupava uno spazio privato, e in effetti per la prima volta si è passati ad un velocissimo sgombero forzato con l’intervento della polizia. Inoltre, il collettivo dei ”lavoratori dell’arte” ha attratto attorno a sè il mondo della comunicazione, dell’architettura e del design: una sinergia e una forza innovativa per una città dove i milanesi ammazzano il sabato. Così Ligresti passa ancora agli onori dei giornali: un mesetto fa l’indagine per aggiotaggio, in questi giorni grazie a Macao.
La lotta contro un certo malcostume non finirà così, anche se è solo l’inizio di una battaglia.
Negli ultimi mesi sono stati occupati cinema e teatri dimenticati da proprietari e soprattutto dalla pubblica amministrazione: occuparli e rimetterli in funzione è cosa buona e giusta senz’altro.
Un palazzo di Ligresti, a parte che non mi sta affatto simpatico, non è di per sè un valore culturale da ripristinare. Poi fosse per me glielo confischerei e lo manderei in galera, ma il punto qui è che non si sta facendo una guerra a Ligresti.
Questa occupazione serve a segnalare un’esigenza di spazi, che a Milano mancano sicuramente (anni fa lì vicino c’era la Stecca, un bel posto pieno di gente e artisti che era cresciuto tanto e andava benissimo, finchè non l’hanno abbattuto)
Non che debba per forza essere quello, lo spazio, che, proprietario a parte, è un palazzo che necessita ristrutturazioni per milioni di euro, più un’onerosissima manutenzione.
Bella l’idea di occupare la torre Galfa, anche spettacolare (a proposito, a chi arriva la bolletta?), e serve a far parlare di un problema che c’è. Perchè discutere sul diritto o meno di stare lì dentro? Non dovevamo parlare di cultura? Parliamo degli spazi di cui c’è bisogno e di come realizzarli.