Articolo inizialmente pubblicato su Repeat, webzine ora offline.
Lo so che in molti se lo stanno chiedendo: che fine ha fatto Carla Bruni dopo che hanno fatto fuori Sarkozy? Un dramma che toglie il sonno a milioni di italiani, perché effettivamente potrebbe esserci il rischio di un suo ritorno in Italia.
In fin dei conti la domanda che si pone l’uomo della strada è questa: una come lei, ora che non è più la Première Dame, che cazzo potrebbe fare nella vita per tirare a campare?
A parte quello, cos’altro?
E allora un po’ tutti si ricordano il suo passato da cantautrice, perché quello da top model sembra pressoché compromesso dopo essersi sottoposta al lifting del chirurgo della Ventura.
Un suo ritorno in patria potrebbe essere un bel problema, perché la simpatia che gli italiani conservano per la Bruni credo sia seconda solamente a quella a che le riservano in Iran. Ricordate? Le avevano dato della prostituta, roba da pena di morte lì da loro. Tanto che la Bruni potrebbe scambiare la lapidazione per il finale di uno dei suoi ultimi concerti.
Tuttavia in Italia si fa presto a dimenticare i vecchi rancori, ad esempio basta vedere cosa succede ogni 25 aprile. Ecco perché, fossi in lei, farei in modo di ingaggiare un personal coach per intraprendere una sorta di “operazione simpatia”: tipo rifare L’italiano di Toto Cutugno in un galà della Clerici, così da riguadagnare la popolarità nel nostro Belpaese e il consenso dei terroni sparsi per il mondo. Voglio dire, quella canzone l’ha coverizzata persino un catafalco finlandese, non vedo perché non dovrebbe provarci Carlà.
(In Finlandia devono avere una scena della madonna)
Strano destino quello della Bruni. Eppure il binomio musica e politica, spettacolo e cariche istituzionali, non è del tutto inedito. Lasciate perdere Reagan, prendete Berlusconi.
Da quando l’hanno fatto fuori ha divorziato, ha avuto un sacco di casini, è tornato a fare il presidente del Milan vendendo Thiago Silva e Ibra, facendo tornare a vincere la Juve, per poi concedersi la ribalta politica. Voglio dire, avrei chiuso un occhio se si fosse limitato a registrare un disco con Apicella. Purtroppo non è andata così.
Se ci fate caso il destino ha voluto che il giorno dopo a capitolare è stata la testa di Sarkozy, un altro leader europeo che ha perso il posto. Quelqu’un m’a dit che l’ex Presidente della Repubblica Francese ha fatto di tutto per impedire alla moglie di intervenire in campagna elettorale: a quanto pare in Francia sono in molti a pensare che l’unica volta in cui la Bruni non ha aperto le labbra a sproposito è stato quando ha partorito sua figlia (© Spinoza). L’ho sempre detto che i francesi sono persone squisite.
Alla luce di tutto questo, alla Bruni non rimangono molte scelte.
Pochi lo sanno, ma anche Bossi prima di diventare un leader politico aveva tentato una carriera musicale. Miseramente fallita una volta che il giovane Senatùr ha realizzato che i negri c’hanno davvero la musica nel sangue, mentre i padani la merda nel cervello. Forse è per quello che ha inventato la Lega, forse sapendo che un giorno ci avrebbero pensato gli Afterhours a rivalutare la Padania.
Per questo motivo dico che Carlà dovrebbe tornare a calcare le scene. Dev’essere stata dura per lei rinunciare ai suoi principi libertari radical chic dopo aver sposato un ebreo in carriera (anche se lui era più basso di lei). Niente più canne e simpatie a sinistra, niente più servizi fotografici senza veli, niente più orge con modelli bisex e filosofi. E poi un sacco di rompiture di cazzi massoniche.
Chissà se Sarkò le concedeva ogni tanto qualche strappo alla regola, tipo, che so, una cena vegetariana, una focaccia al kamut, un concerto dei Noir Desir.
Ad ogni modo ora Carlà ha la possibilità di recuperare il tempo perduto e di tornare alle origini, di indossare una camicia da uomo, un paio di jeans, e di strimpellare qualcosa sopra un divano, scalza. Chissà perché non riesco a non immaginarla scalza mentre suona.
Certo, magari la nostra è un po’ arrugginita. Me la immagino prendere ripetizioni da Irene Grandi, e da quell’altra Grandi, Serena, giusto per rientrare anche nel mondo del cinema, o della cocaina. Non si sa mai che Woody Allen le possa offrire un’altra parte in uno dei suoi prossimi film-cartolina-da-romantica-capitale-europea dopo To Rome with Love. Tipo To Bucarest with whores, con Chloe Sevigny e Sasha Gray.
Ci potrebbero anche fare un reality, o un talent show con Cocciante.
Scherzi a parte, sono pochi ad ammettere che una come la Bruni potrebbe fare ancora la sua porca figura nel mondo del nuovo cantautorato italiano. Voglio dire, la nostra scena è così figa e avanti che avremmo tutti quanti da guadagnarci. Le sue melodie, le sue liriche, la sua voce, la sua simpatia, la sua personalità e quattro accordi messi in croce: dai, il riciclo nel neo/anti-folk praticamente è dietro l’angolo.
E se non riuscisse a convincere la critica, sticazzi, vorrà dire che diverrà un facile bersaglio di indie censori e paternalisti come noi: per questa ragione potrebbe addirittura eguagliare il successo di Vasco Brondi o finire nella prossima compilation di cover degli 883.
Anche se personalmente la vedrei meglio in un duo con Brunori Sas, entrambi con l’acustica in mano. Lui in tour senza baffi, lei che ne indossa un paio di ironicamente finti. Loro due assieme a rivisitare alcuni brani, magari della canzone italiana e francese, in attesa dell’album di inediti, ad esempio un concept sull’impotenza dell’ex marito e del suo nuovo partner artistico che potrebbe titolarsi Brunori Sark.
Oppure potrebbe rimanere a Parigi e andare a vivere in una delle sue dépendance con il cantante dei Baustelle. Non sarebbe una cattiva idea, anche perché saranno passati sì e no cinque anni da quando Francesco Bianconi ha detto che se ne sarebbe andato dall’Italia per dare l’esempio. Ma lui, niente da fare, è ancora qui. Lui e i suoi capelli unti, che almeno in Francia verrebbero tranquillamente sdoganati dal momento che lì non c’hanno nemmeno il bidet.
Nel frattempo i Baustelle saranno morti per te. E per tutti gli altri che vanno in chiesa, fanno sport e prendono pastiglie che contengono paroxetina. In questo modo gli hipster nati dopo la morte di Kurt Cobain potranno avere nostalgia di Sussidiario illustrato della giovinezza, anche se non hanno manco idea di che disco fosse, come se si trattasse di uno dei primi album “reliquia” dei Diaframma. Cose che succedono: al giorno d’oggi pure i Litfiba vengono apprezzati da certi nostalgici dal palato fino.
(Poi mi chiedono: «ma come fai ad odiare i toscani? Sono così simpatici». Stronzate. L’alibi di Dante è scaduto da secoli, senza contare che di mezzo ci sono stati Walter Mazzarri e Pieraccioni)
(Che poi non è vero che odio i toscani, solo dovrebbero tirarsela di meno.)
Tuttavia il nostro provincialismo ci costringe ad immaginare Carla Bruni in bilico tra Francia e Italia quando invece abbiamo a che fare con un’artista di levatura internazionale. È per questo che secondo me potrebbe tranquillamente ambire altri obiettivi, tipo diventare una groupie dei Kings of Leon. Oppure la stylist di James Blunt, al quale, se tutto va bene, piacerebbe un sacco mettersi i vestiti che lei non usa più.
Ma se le dovesse andar male, beh, c’è sempre il nostro Belpaese, la patria dell’assistenzialismo artistico. Sai già che la Bignardi un’intervista non gliela negherebbe, Fazio nemmeno, mentre Fabio Volo cercherebbe di comporre una raccolta audio di poesie da musicare assieme, che è da un secolo che non riesce a scoparsi una milf senza doverla pagare.
Da questo punto in poi il ritorno alla carriera di cantante full time è lì a un passo. Roba da riempire mezzo Studio Aperto e l’intera pagina culturale di Donna Moderna.
L’alternativa è darsi ai dj set. Ma la verità, dura da digerire, è che, a pensarci bene, qui in Italia siamo pieni di artisti che non sfigurerebbero con la Bruni. Dente, Colapesce, Dimartino, Carnesi, Moltheni, se è ancora vivo, e probabilmente moltissimi altri.
Immaginatevi una Carlà tornata sulla cresta dell’onda, simpatica e solare, sulle copertine dei rotocalchi da parrucchiera: ci starebbe da Dio con chiunque dei nuovi e giovani cantautori italiani che ci gonfiano il petto d’orgoglio. Già. Forse la cosa potrebbe, dovrebbe, far riflettere più di qualcuno, ma io dico che questa potrebbe essere una buona occasione per mandarli tutti quanti in un esilio dorato, assieme a Pete Doherty e Macaulay Culkin, tipo sulle rive della Senna, nella medesima dependance della Bruni, seguendo l’esempio di Bianconi dei Baustelle. Maria Antonietta compresa: sai mai che lì a Parigi non le fanno fare la stessa fine dell’originale.
P.S. in realtà il sottoscritto adora Carla Bruni, che reputo la versione italo-francese di Lykke Li. Lì, dove molti uomini lykkerebbero volentieri, se non fosse che quella di Carlà è di puro rovere massiccio.