Vivo a Bristol ormai da sei mesi, appassionato di musica a piede libero in una città appassionata di musica, dove è considerato lecito andare a vedere gente che suona in una delle tantissime venues praticamente un giorno sì e l’altro pure. Ne è dimostrazione l’icona locale, Jeffrey “Big Jeff” Jones, un gigante buono dai riccioli biondi, campione di presenzialismo musicale. Avvistarlo ti garantisce che la band che hai davanti è, se non la migliore della serata, quella che ha il tasso più alto di hype e le migliori recensioni.Un paradiso che diventa un inferno nel momento in cui ti pone nell’imbarazzante situazione che ci sia in giro troppa roba per poter fare delle scelte serene, certamente troppa per le tue tasche o per il tuo tempo libero, giacché è risaputo che le due cose sono inversamente proporzionali. A Bristol c’è la Musica, insomma: oltre ad aver dato i natali al trip-hop,negli ultimi vent’anni sono passati di qui tutti i gruppi che via via sono diventati popolari anche nella scena mainstream. È con questo spirito che nasce questa rubrica: scoprire le nuove tendenze del Bristol Sound, provare a scommettere su quali nomi locali un giorno prenderanno il posto di Massive Attack, Portishead e Tricky nella scena musicale internazionale,senza disdegnare gli altri nomi interessanti che passano di qui e che provengono da altre realtà dell’isola.
A proposito di tasche vuote, sabato scorso c’è stato il Record Store Day, che qui è uno degli eventi più attesi dell’anno: centinaia di appassionati in fila dalle 6 del mattino per comprare le edizioni speciali disponibili solo in questa occasione, inclusa una mia amica che, arrivata alle 7.30 del mattino, ha ricevuto il biglietto numero 206 ed è riuscita a entrare non prima delle 10. Per onorare questa fedele moltitudine, ogni negozio di dischi ha organizzato eventi live per tutto il giorno. Io ho deciso di consacrare la giornata al mio preferito, il Rise / Friska di Queens Road, a Clifton, il quartiere universitario. Il posto viene chiamato così perché nasce dall’unione della catena Rise con quello della catena Friska, e mette insieme nello stesso locale un negozio di dischi, di libri e abbigliamento hipster conuna caffetteria affollatissima a qualsiasi ora del giorno, DJ in sala e uno spazio dedicato agli showcase delle band che vengono a presentare i dischi nuovi. La musica live, questo sabato, è cominciata alle 11 del mattino – quando ormai la prima ondata di acquirenti delle chicche si era esaurita – ed è proseguita fino alle 10 di sera, orario di chiusura. In scaletta, diversi gruppi locali selezionati tra i più popolari del giro, e tra loro, due gruppi che avevo già sentito nei mesi scorsi, e che mi avevano piuttosto colpito.
Il primo è di base a Bristol, e si chiama Adding Machine, un quartetto dalle scure sonorità post-punk e synth-pop, o come più precisamente leggiamo nella loro bio, “early Cocteau guitar shrieks, throbbing post-punk bass and Silver Apples-inspired rhythms writhe beneath Siouxsie-esque macabre-pop tales”. Formatisi nel 2011, gli Adding Machine sono il progetto più recente di Hazel Mills, una delle personalità più attive sulla scena bristolese, che vi fa da straordinaria presenza, voce, tastiere e synth. Oltre che vocalist e frontwoman, la charming Hazel ha all’attivo collaborazioni con Will Gregory (Goldfrapp), Adrian Mutley (Portishead) e Andy Mackay (Roxy Music), fa parte di The Paper Film, orchestra che sonorizza live film muti, ed è tutor di canto alla sede locale della BIMM, l’accademia musicale di Brighton. Gli altri tre elementi del gruppo sono il co-fondatore TJ Allen, talentuoso chitarrista di ispirazione noise, al contempo membro anche della live band di Bat for Lashes, Gregg Stoddard, basso, e Andy Sutor, batteria. Dal loro debutto nel giugno 2012 al Louisiana, il celebre locale che ha battezzato tanti gruppi inglesi poi arrivati al successo internazionale, i quattro si esibiscono a Bristol piuttosto spesso, alternando la formazione tipica con quella a tre nei momenti in cui Allen è in tour con Bat for Lashes. Ho avuto la possibilità di vedere il gruppo nelle due diverse formazioni, e trovo che sia un’esperienza diversa, ma altrettanto intensa: in trio la band guadagna profondità e tonalità più cupe e synth-pop, che sembra scurire anche la voce della Mills; l’aggiunta delle taglienti chitarre di Allen aggiunge riverberi in distorsione e feedback che rendono la performancepiù aggressiva, e il fruscio nelle orecchie all’uscita dal locale più intenso e duraturo.Gli Adding Machine si sono ripetuti ancora più potenti lunedì sera, all’Exchange, nella zona dell’Old Market, nell’opening act a Laetisia Sadier, ex-Stereolab. Nessun album all’attivo, ma a breve dovremmo poter ascoltare il primo EP, per la produzione di Adrian Mutley, mentre online è disponibile il debut single Ships to sink, uscito a settembre dell’anno scorso.
Molto diversi per storia e sonorità i Big Deal, duo proveniente da Londra e formato dalla ventenne Alice Costello, che proviene dalla capitale, e dal trentenne californiano Kacey Underwood. All’epoca dell’uscita del primo album, Lights Out, nel 2011, la coppia era diventata famosa più per motivi di gossip e pruderie che musicali: pare che Kacey andasse a prendere Alice direttamente a scuola, nel periodo degli esami di maturità, per portarla in studio. Ma con il secondo, June Gloom, uscito lo scorso luglio sempre per Mute, le recensioni cambiano tono, e anche nei magazine più snob il duo ha cominciato a distinguersi come una delle più interessanti tra le formazioni del fitto sottobosco shoegaze-dreampop che conta innumerevoli incarnazioni nell’isola. La semplicità delle melodie “bedroom-composed” del primo disco, impossibili da scacciare dalla testa dopo qualche ascolto, non hanno perso di semplicità ed efficacia in quest’ultimo, partorito durante un viaggio nel sud della California, dove la composizione si fa più complessa con l’aggiunta di maggiore ricerca ed effettistica, oltre che di un set più classico di strumenti di accompagnamento. Al Rise, ancora più che allo Start the Bus di Corn Street, punto di riferimento della scena hipster, dove li avevo visti per la prima volta in autunno, Alice e Kacey si presentano con una formazione a quattro e un live di grande impatto, dimostrando che è possibile fare passi da gigante rispetto al loro debutto senza perdere la capacità di trasmettere quella patina naif, quella dimensione di intimità e complicità che creano le loro voci quando si intrecciano come se fossero in simbiosi, e così gli accordi delle loro due chitarre. Ascoltare per la seconda quella che probabilmente possiamo prendere come loro hit, Driving in your car, ti lascia l’impressione di aver sentito questo pezzo per tutta la vita.
Certo, ci sarebbe da parlare delle tante altre bands esibitesi durante la giornata e la sera. Della notevole performance di East India Youth, per esempio. Ma sono sicuro che non mancheranno occasioni per incontrarli di nuovo in giro.