«Il popolo è minorenne, la città è malata, ad altri spetta il compito di curare e di educare, a noi il dovere di reprimere! La repressione è il nostro vaccino!». La veemenza reazionaria del potere, incarnata da un dilagante Gian Maria Volontè nel film “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” riscopre nel neosindaco di Padova, il leghista Massimo Bitonci, un perfetto epigono. Bitonci ha dichiarato guerra al degrado, il Corpo di Polizia Municipale è il suo braccio armato, l’assessore sceriffo Maurizio Saia con la politica dei divieti a oltranza riporterà l’ordine in città. In principio era il divieto di fare l’elemosina, poi toccò all’embargo sugli artisti di strada e al giro di vite sulla concessione di luoghi pubblici per la cerimonia di chiusura del Ramadan. Ma si sa, mantenere l’ordine è faticoso, non si può abbassare mai la guardia e così Il Nostro ha messo a punto un’altra lista di divieti, contenuti nel un nuovo regolamento di polizia urbana che verrà discusso in consiglio comunale il prossimo 29 settembre. Non si sono fatti attendere ironie e sberleffi virtuali dei soliti ingrati anarchici incivili da operetta, ma nulla sembra intaccare l’integerrima risolutezza bitonciana. Taluni di questi divieti meritano davvero una menzione speciale, non fosse altro che per il linguaggio utilizzato nell’ordinanza.
“È vietato mostrarsi in pubblico in abiti che offendono il comune senso del pudore”, quasi un’operazione nostalgica che commuove: del “comune senso del pudore” non si rinveniva traccia in un’ordinanza almeno dagli anni ’60. Poi, certo, “è vietato utilizzare in modo improprio le panchine” piuttosto che “soddisfare le esigenze fisiologiche fuori dai luoghi destinati allo scopo”. Ora se a uno venisse da tossire mentre legge il giornale rischierebbe grosso, il degrado è in agguato ovunque. E c’è davvero poco da ridere ché per ogni violazione è prevista una multa che va dai 50 ai 500 euro. “È vietato fissare o appoggiare bici o motorini agli arredi urbani, agli alberi, ai pali, ai monumenti e a altri manufatti pubblici non destinati allo scopo”, così se ci sono le apposite rastrelliere bene, altrimenti bisogna sperare che ve la rubino prima che prendiate la multa. “Tutte le attività, anche domestiche, devono essere svolte senza creare disturbo al vicinato”: l’aspirapolvere di domenica mattina o il repertorio di D’Alessio cantato a squarciagola sono fattispecie che non possono che persuaderci dell’utilità di questi provvedimenti. Misure restrittive per punire venditori ambulanti come il divieto di “trasporto, senza giustificato motivo, di mercanzia in grandi sacchi di plastica, borsoni o con altri analoghi contenitori”.L’ordinanza ha preso di mira anche gli studenti universitari: “Vietato affiggere papiri di laurea e ogni altro materiale ai tronchi degli alberi.”, così come “il lancio di uova e farina” ai neolaureati, una tradizione iniziata nel 1600, ma con Bitonci nessun degrado resterà impunito. Ovviamente è vietato anche bere alcolici nelle piazze, quindi fuori dai bar.
A guastar la pace e l’ordine della città l’annuncio della prossima Oktoberfest padovana, che si terrà in Fiera dal 20 al 28 settembre. Infatti stando a quanto annunciato sulla locandina oltre alle «più importanti live band folk rock» non mancheranno «fiumi di birra e ristoranti bavaresi». Il degrado nemico dell’ordine pubblico riporterà di nuovo il caos a Padova? L’Oktoberfest sarà il suo cavallo di Troia? Sembrano esserne convinti sia l’Appe, l’associazione provinciale dei pubblici esercizi, che l’Ascom, l’associazione dei commercianti che sono già sul piede di guerra e hanno scritto allarmati all’amministrazione comunale perché non sia consentita una “zona franca” dai divieti bitonciani. Bitonci ha anche fatto sapere di essere stato contattato da decine di colleghi sindaci da tutta Italia. «Vogliono avere una copia delle mie ordinanze per applicarle a loro volta. Questo dimostra che la mia scelta è vincente». I templari del decoro urbano fanno per ora spallucce alle critiche e alle polemiche per le nuove ordinanze e regolamenti. È uno sporco lavoro, ma qualcuno deve pur farlo.