Un disco che pesa veramente tanto. Mi si lasci passare la battuta, ma il primo ascolto di “Quintale” suona un po’ come un calcio nei denti. A tre anni di distanza da “Quarzo”, i Bachi da Pietra cambiano registro e realizzano il loro primo disco hard-rock: roccioso, granitico e pesante. Lo stile resta minimale e riconoscibile: la chitarra, questa volta imbizzarrita e incendiaria a macinare riff e la grancassa che picchia duro il ritmo. Stavolta però si gioca con i feedback e le distorsioni, la regia di Giulio Favero comprime e compatta il suono. La premiata ditta Succi-Dorella abbandona (momentaneamente?) quell’intimismo e quelle non linearità così personali da essere diventate un marchio di fabbrica della band e sposa una forma canzone in qualche modo più classica, per cui l’alternarsi strofa/ritornello si palesa esplicito in più di una traccia. Le canzoni, probabilmente, ne conquistano in immediatezza, ma ne perdono in fascino, soprattutto dal lato testuale. Le parole di quest’album, infatti, non sono più accuratamente scelte, centellinate e incastrate nei vuoti lasciati dal percuotere sincopato delle corde, ma diventano abbondanti e sovrastano le plettrate nervose, lasciano da parte la poesia e la teatralità, preferendo una soluzione narrativa più classica, avvicinandosi alla prosa.
La prima parte dell’album non lascia alcuno scampo all’ascoltatore: Haiti tira fuori un tipico riff alla Bachi da un incendio di feedback, a metà strada tra l’hard rock e il blues, è un inizio a dir poco esaltante, una grande botta. Brutti Versi urlata a squarciagola graffia e tira fuori probabilmente il testo più brutto che i nostri ci abbiano mai regalato, Coleotteri è heavy metal senza mezzi termini: duro e puro. Enigma vanta il sax nervoso e fuori controllo di Arrington de Dionyso, mentre scorrono in sovraimpressione i nomi di numerosi addetti ai lavori dell’indie italiano. E’ con Fessura però che l’album tira fuori il primo brano davvero riuscito del disco: una filastrocca in pieno stile bachi da pietra crogiolata su chitarre graffianti in cui Succi si diverte a sperimentare nel modo di cantare, mette da parte la declamazione fine e flirta addirittura con l’hip-hop. Mari Lontani calma e fa da spartiaque con la seconda martellante parte dell’album, in cui si distinguono per veemenza il primo metalloso singolo Paolo Il Tarlo, lo stoner svitato di Sangue e la profonda Dio del Suolo che ci regala un testo e una melodia davvero degni di nota.
“Quintale” è in definitiva un disco che, sebbene di altissimo livello musicale, convince ma non fa gridare al miracolo e se da un lato la nuova veste aggressiva della band affascina, dall’altro si rimpiange il lido sicuro del loro passato, dal quale è così difficile staccarsi per chi li ha amati sempre e comunque.
I Bachi da Pietra sono tornati. Il tempo darà loro ragione o torto, intanto godiamoci quest’ennesima prova di grande musica.
La Tempesta, 2013
Tracklist:
- Haiti
- Brutti Versi
- Coleotteri
- Enigma
- Fessura
- Mari Lontani
- Io Lo Vuole
- Pensieri Parole Opere
- Paolo Il Tarlo
- Sangue
- Dio Del Suolo
- Ma Anche No
- Baratto@bachidapietra.com (Traccia presente solo nelle versioni DIGITALI dell’album)