Adna Kadic, guance piene di speranza e frangetta geometrica, viene dalla Svezia e con i suoi appena vent’anni racconta la notte, il buio che presto o tardi investe tutti quanti. Tra pizzi e merletti e foreste di latifoglie in scala di grigi, la sua voce calda e avvolgente si sposa perfettamente con le sonorità elettro-acustiche che accompagnano le nove tracce contenute nel suo album di debutto, Night.
From Göteborg to Berlin, trascinando con sé una valigia zeppa di malinconia, Adna ritrova le proprie radici bosniache in questa metropoli, culla multietnica d’Europa. Appena la sentiamo schiarirsi la voce ricorda per certi versi Elena Tonra, a partire da quello stesso timbro, forse più sporco e ruvido e a tratti decisamente meno cristallino rispetto a quello della leader dei Daughter, ma dotato della medesima intensità, per la quale è praticamente impossibile sottrarsi al richiamo senza venir travolti da una mareggiata emotiva.
Il viaggio sonoro dell’artista svedese segue la luce diafana dei lampioni intermittenti della capitale teutonica, tra umide foschie fluviali e le insegne al neon di Kreuzberg. Bagliori improvvisi scoppiano dietro le serrande abbassate dei negozi, sempre più rapidi e frequenti, fino a raggiungere gli ultimi piani dei palazzi. Basta premere leggermente un tasto, prendere le cuffie e schiacciarle contro le orecchie curvando il collo verso il basso, ascoltare per una frazione di secondo il sangue che fluisce nelle vene e lasciarsi trascinare dal battito pulsante delle sue melodie sospese nel vuoto.
Sono bastate cinque notti per comporre il puzzle, tratteggiando i chiaroscuri che riempiono le ore che succedono il crepuscolo con acquerelli echeggianti. Si va dalla più catchy ed irrequieta Dreamer coi suoi singhiozzi di batteria, fino alla combinazione di piano e rullanti ossessivi di Limit, quasi una marcetta introduttiva a Nightbreeze, uno dei punti più alti della raccolta, un pizzico di Damien Rice e la carezza di Agnes Obel, un brivido lungo la schiena, una folata improvvisa e solo una stellata ad illuminare il cielo scuro.
La provocante ed energica The Prettiest viene presto scalzata da Rain, uno stillicidio di pensieri nel continuo ripetersi delle stesse note, delle stesse corde pizzicate, dal ciclo inesorabile di vita. Falling, invece tra tutte è la più ritmata e dream pop, poco folk, più vellutata, dalle linee melodiche pulite, diversamente da Running, un anatema che pare una prigione, spezzata soltanto da un’alchimia graffiante di archi in crescendo.
Ritagliatevi un’ora del vostro tempo e fatevi cullare verso il sonno da Night e in particolar modo dalla sua title track, un incanto di rara bellezza acustica, che vorrete ascoltare e riascoltare, camminando verso una stazione a cui sono legate troppe partenze, qualche ritorno, alcuni baci e tante lacrime trattenute nel bavero del cappotto. E mentre sugli arpeggi di Thoughts, Adna chiude il suo primo pacchetto acustico, già emergono voci sull’uscita di un suo secondo lavoro per febbraio 2015, anticipato dal singolo Living. Aspettatevi di sentir parlare nuovamente di lei, più che una cantautrice, una talentuosa, giovane donna che ha imparato ancor prima di saper cantare a riconoscere i propri impulsi e le emozioni, etichettandole in musica, in percezione sonora.