Dietro il nome di Threelakes si cela Luca Righi, giovane cantautore mantovano. Dietro i Flatland Eagles ci sono altri validi musicisti quali Raffaele Marchetti, Lorenzo Cattalani, Marco Chiussi e Paolo Polacchini (Three in One Gentlemen Suite). Dietro la produzione c’è invece Andrea Sologni, bassista dei Gazebo Penguins che in questo caso veste i panni di proprietario di uno degli studi di registrazione più interessanti della penisola, l’Igloo Audio Factory.
Dietro War Tales ci sono un paio di santini, Hank Williams e di Bob Dylan, e la voglia di mettere in musica i racconti di guerra del nonno per andare a sfumarli con le quotidiane guerre che ognuno di noi deve affrontare.
“Seems so deep and dark the ocean, the see”, canta Righi in D-Day, ma non bisogna essere esclusivamente in guerra –nel vero senso del termine- per pensarlo.
War Tales è il primo album ufficiale di Threelakes And the Fleatened Eagles ed è un debutto entusiasmante perchè nonostante le tematiche trattate vadano a ripescare sentimenti e fatti intrecciati nella memoria storica del XX secolo riesce a parlare di oggi, e non solo agli appassionati della seconda guerra mondiale.
Dopo l’ep prettamente acustico del 2011 (Four Days), Righi intraprende una via audace, non solo perché da una sterzata musicalmente più intensa rispetto al suo precedente lavoro ma anche perché di raccontare la guerra sembrava non ne avesse più voglia nessuno. O perlomeno, la guerra la si nomina, la si ripudia, ma ultimamente non la si canta.
Luca Righi invece decide di raccontare la guerra, ce lo dice fin da subito: War Tales canta racconti di guerra. Parla della guerra in tutte le sue sfumature ma non aspettatevi una menata nozionistica sulla storia del ‘900. Preparatevi, invece, a vivere l’ascolto di questo disco un po’ come foste sulla barca che ha accompagnato il capitano Marlow di Cuore di tenebra lungo il fiume dell’Africa Nera mentre si avvicinava all’incontro con “l’orrore”, quello sussurrato dal capitano Kurtz alla fine di Apocalispe Now. Sempre di guerra si parla ma come ci insegna gente più intelligente di noi, la vita può essere tutta una metafora.
La guerra sta nascosta dietro il filo che lega ogni traccia che va a comporre l’album, corredato da un suono che, come dice Sologni, si è costruito come fosse un grezzo pezzo di legno levigato piano piano con carta vetrata, come un tronco trasportato dalla corrente sulla spiaggia che lentamente si perfeziona. Costruire, distruggere e ricostruire fino a raggiungere il miglior risultato possibile. Questa è la sintesi del lavoro di produzione che è stato adottato. Un missaggio preciso che non ha comunque interferito sull’autenticità folk che caratterizza lo spirito di Threelakes.
Altra via, quella del cantautorato folk sempre ampiamente battuta da molti artisti -più internazionali che nazionali- ma allo stesso tempo difficile da riscontrare in maniera così pura, genuina e sincera quale è quella adottata da Threelakes nel panorama italiano contemporaneo. Una maniera che alla fine, nonostante le gomitate gentili a pietre miliari della storia quali Dylan (vedi The Day My Father Cry), non cade nel facile tranello della mera imitazione bensì in un più onesto omaggio.
Nome celebre che non viene sicuramente celato è quello di Hank Williams, icona country e rock n roll che rivive nel disco non solo nel suo background di influenze ma proprio nel titolo di una traccia, The Lonsome Death of Hank Williams.
So lonsome I could cry diveca Williams, so lonesome I could die, canta Righi aggiungendo un ulteriore strato di malinconia al verso.
Malinconia sottile che insieme alla voce di Righi ripercorre dolcemente e coerentemente tutte le tracce del disco senza lasciarsi andare a nessun climaxi. Il cantato rimane sempre su uno stato di tremore costante, alcune volte più intraprendente, come in Horses Slowly Ride, pezzo che riecheggia i ritmi degli islandesi Of Monsters And Men.
War Tales non è una raccolta di racconti tristi sulla morte e la guerra, amaro, delicato, ma non triste. E’ soprattutto una raccolta di emozioni. Una serie di storie belle proprio da ascoltare, assaporare ed immaginare. Come quella di The Day My Father Cry, il racconto di un addio tra padre e figlio. O quella di D-Day, dove un gruppo di ragazzi aspetta sulla banchina un passaggio, ma non sper andare in gita bensì per andare a fare il 6 giugno 1944.
Attraverso prestigiose reminiscenze cantautorali e tematiche intense, Threelakes punta in alto ma lo fa con una più che apprezzabile modestia degna di un esordio curato, senza troppa arroganza ma con schietta audacia.
Pochi giorni fa è uscito il video di The day my father cray e potete commuovervi qua sotto.